giovedì 26 maggio 2011

L'anima della forma in Daniele Miola






E’ stato un feticcio scultoreo o un segno pittorico la prima testimonianza artistica dell’umanità primitiva? Quello che conta davvero, nella possibile risposta a questa domanda, è il ricondurre l’esperienza creativa primigenia alla sua essenziale traccia sacrale.
Alla radice di ogni traccia magico-sacrale troviamo la matrice della fertilità della Natura.
La ricerca scultorea di Daniele Miola, perché di ricerca si tratta e non di semplice pratica artistica, è stata sempre vista attraverso la sua lettura simbolica che permette alla forma arrotondata di essere il trionfo di un archetipo femminile votato alla maternità.
Il richiamo alla antropologia matriarcale e il riferimento alle veneri preistoriche, sono lo scoperto percorso di una storicizzazione stilistica. E tuttavia tutto questo non ci deve allontanare da una cifra squisitamente contemporanea che dell’artista.
La cifra contemporanea  si manifesta più come intento filosofico che rimando simbolico, più come concettuale ricerca che richiamo di una divinità arcaica.
La circolarità della figura scolpita non è infatti epifania solo di una linea tondeggiante ma incarna l’ambiguità stessa di ogni forma capace di essere allo stesso tempo segno concavo e convesso, sinuosità e spigolosità e, per metafora, ma mica tanto, valenza maschile e femminile.
La fertilità. d’altra parte, non è esclusività femminile ma scambio reciproco di seme e grembo, l’incontro appunto “circolare” di una copula.
La ricerca di una purezza visiva e di una essenzialità permette quella sorta di “miracolo” artistico per cui ciò che è antico è allo stesso tempo contemporaneo.
Nel suo lavoro di scultore Miola predilige il marmo, sia bianco che nero, e questo può essere considerato come conferma di un suo approccio non viscerale della materia. La levigatezza del marmo, la sua lucentezza e durezza, ma anche la sua apparente freddezza ne fanno un materiale, rispetto per esempio al legno o alla terracotta, più mentale, più formale.
E non è un caso che l’idea filosofica di forma coincida già ai tempi della filosofia aristotelica con il concetto di anima.
L’anima della forma in Miola è come un disvelamento: un percorso “sospeso” tra passato e futuro, presenza ed assenza, idea e silenzio, rito e preghiera laica.
E tutto dentro una invisibile musica di sensualità stilizzata ma non per questo priva di una sua ardente fiamma vitale.

Antonio Miredi


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