giovedì 27 agosto 2020

SUL COMODINO COLOR LILLA LE ULTIME PAROLE DI PAVESE

 

70 anni fa ci lasciava Cesare Pavese in una camera anonima di un hotel del centro di Torino. Nei suoi versi lo sguardo dell'amore e della disperazione




Abitando a Torino a due passi dalla Stazione Porta Nuova, quindi di fronte a Piazza Carlo Felice, mi capita sovente di ritrovarmi sotto il portico dove è ubicato l’Hotel Roma. Qui un sabato di fine agosto prese alloggio Cesare Pavese. Aveva da poco vinto con “La bella estate” il prestigioso premio Strega e altri pochi giorni mancavano al suo compleanno. Nelle ultime pagine di un Diario che aveva l’abitudine di tenere, aveva già scritto: “…Non parole. Un gesto. Non scriverò più”

Cosa rimane a un poeta scrittore vissuto nella furia della scrittura e che non crede più nell’amore possibile? Nulla, appunto, solo un gesto.

Verso sera del giorno dopo quel sabato di fine agosto, l’inserviente dopo aver inutilmente bussato alla porta, entrando trova riverso sul letto il corpo senza vita di Cesare Pavese. Sul comodino color lilla, sulla prima pagina dei “Dialoghi di Leucò” un biglietto:

Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi

Era di domenica, la domenica del 27 agosto 1950.

Leggiamo Pavese, le sue poesie, i suoi racconti, i romanzi, i suoi scritti, le sue traduzioni. I pettegolezzi, troppi o pochi, non servono. Anzi, per dirla con un’altra frase del suo diario, "Tutto questo fa schifo"

Antonio Miredi


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-

questa morte che ci accompagna

dal mattino alla sera, insonne,

sorda, come un vecchio rimorso

o un vizio assurdo. I tuoi occhi

saranno una vana parola

un grido taciuto, un silenzio.

Così li vedi ogni mattina

quando su te sola ti pieghi

nello specchio. O cara speranza,

quel giorno sapremo anche noi

che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Sarà come smettere un vizio,

come vedere nello specchio

riemergere un viso morto,

come ascoltare un labbro chiuso.

Scenderemo nel gorgo muti.”

Cesare Pavese





                                  

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