mercoledì 14 maggio 2025

SALONE DEL LIBRO 2025: Diario mobile per una festa mobile

Appunti in tempo reale dal Salone del Libro di Torino 2025. Voci, visioni e lampi tra i libri. Navigazioni tra carta, corpi e parole. Un Diario d'Autore istantaneo di un viandante tra pagine fisiche e mentali. Dentro e fuori, prima e dopo, tutto il Salone.
LEGGERE TRA NOI PAROLE LEGGERE o della leggerezza della lettura partecipata ----------------------------------------------- di ANTONIO MIREDI--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- La Vigilia: 14 maggio 2025--------------- Oggi si apre il tempo dell’attesa. La festa è lì, sul punto di cominciare, ma ancora nascosta, come un sipario che freme prima dello schiudersi. Una festa per chi ama e vive di libri, ma anche una babelica confusione ripensando agli anni scorsi, e ai tantissimi eventi e appuntamenti che si accavallano e coincidono. Come altre volte, ci sarà una scelta mirata e tanto anche affidari al caso e all'imprevisto. Quest’anno il Salone ha un tema scelto da una donna, e un manifesto affidato a un’altra donna. Non è un caso. Il femminile — quando autentico e non mascherato — sa cogliere ciò che si muove sotto la pelle del mondo. Sa vivere con grazia la leggerezza, e insieme l’intimità profonda dei sentimenti più veri, festosi e compartecipati. Annalena Benini, al suo secondp mandato come Direttrice del Salone, non manca occasione per insistere sul concetto della intima festosità e della inclusiva partecipazione così come il Manifesto della illustartrice Benedetta Fasson esprime bene questo comune "abbraccio" di tenerezza condivisa attraverso il tessuto linguistico della parola. L'uso di tonalità calde e dettagli curati, come un tappeto floreale, evoca la connessione d'intimità delle parole riprese nel tessuto della poltrona che accoglie i due personaggi. Personaggi senza una precisa identità di forma per poter essere specchio per tutti coloro che sanno o vogliono riconoscersi.
-----------------------(Foto ©a.m.)-----------------------------------------------------------------------------------------------------CARLO LEVI UN PONTE VIVO TRA NORD E SUD ...................................................................................................... La Vigilia: 14 maggio 2025 --------------------------------- Salone Off. Biblioteca Centrale: Mostra Cristo si è fermato ovunque. Erich Linder e la fortuna internazionale di Carlo Levi. L'esposizione, realizzata in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi e il Comune di Aliano, celebra il cinquantesimo anniversario della scomparsa di Carlo Levi. Attraverso documenti provenienti dagli archivi della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori e dell'Archivio Linder, la mostra ricorda il carteggio tra Levi ed Erich Linder, agente letterario che contribuì alla diffusione internazionale delle sue opere, a cominciare dal romanzo più famoso, Cristo si è fermato a Eboli, primo best seller dell''Italia appena uscita dalla guerra. Viene inoltre accennato il rapporto epistolare relativo alla curatela, poi non realizzata, dell’epistolario di Umberto Saba, coinvolgendo anche Linuccia Saba e Vittorio Sereni . Un carteggio inspiegabilmente ancora sconosciuto e inesplorato . Quando e chi saprà risuscitarlo? Presentando la mostra Paolo Verri, Presidente della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Luigi De Lorenzo, sindaco di Aliano, e Andrea Palermitano, curatore con il contributo di Rossella Marino, Chiara Bortoloni, e Arianna Gorletto, ci fanno entrare subito nel respiro festoso che anima un Salone affidato a tutte le declinazioni delle parole, in cui poter percepire colori, suoni, e persino profumi, affidati in questo caso ai prodotti tipici lucani. Interventi offerti con la leggerezza della spontaneità del calore e dell'entusiasmo. Intrattenersi a parlare gustando alla fine il cibo è anche scoprire come i sapori sanno essere anche gesti di una antica civiltà della ospitalità. La mostra su Carlo Levi pur non essendo allestita in un grande spazio e molto articolata, è collocata in un'area di continua passaggio, e vuole essere una bella tappa pronta a implementarsi, toccando altri luoghi e altri eventi. Non un omaggio statico, ma un viaggio in movimento. Una costellazione di carte vive, di lettere che ci parlano di intrecci non solo editoriali ma sentimentali. Levi è come un ponte che tocca Torino, Milano ed Aliano, la terra dell'esilio durante la dittatura fascista, pronta a diventare una terra di elezione al punto di esser scelta come luogo di sepoltura. Tra le carte delle lettere, i libri vissuti e tradotti in tante parti e luoghi del mondo, spiccano gli oggetti che portano il segno della mano: la tavolozza, i pennelli, i colori usati per dare volto al dolore e alla speranza, di una perenne poetica della libertà che non si è fermata di certo a Eboli
Primo giorno. 15 maggio 2025. Già dal mattino la metropolitana piena di visitatori diretti al Salone del Libro. Un’umanità varia, compatta, con gruppi rumorosi. Molte le scolaresche in gita, frotte di studenti che si riversano tra gli stand con il piacere per la giornata libera rispetto al chiuso delle aule E viene il dubbio: quanti di loro amano davvero leggere? Quanti sentono il senso di questa festa come un richiamo profondo, e non solo come una scusa per saltare le lezioni? Eppure, in fondo, è meglio saltare la scuola per ritrovarsi almeno una volta immersi tra scrittori, storie, parole stampate e personaggi televisivi famosi che si mettono a scrivere della loro vita, servendosi per lo più della penna degli esperti della editoria di consumo che ha successo...Chissà che qualcosa non attecchisca. Nel frattempo, esplode sempre più il fenomeno degli influencer letterari. Instagram, TikTok (o "Ticket Tock", come lo chiamano certi genitori disorientati), sono diventati le nuove bussole dell'editoria. I libri romance, sospinti da accanite giovani lettrici, scalano le classifiche. Giovani autrici, fino a pochi anni fa sconosciute, oggi riempiono le sale. Un altro segno dei tempi: qualcosa sta cambiando, o forse semplicemente si sta trasformando. Come sempre, bisogna osservare e capire. Magari leggere, anche tra le righe.C’è una vitalità strana, quasi febbrile, che aleggia tra i padiglioni. Un’energia giovanile che si mescola all’odore della carta, ai volti stanchi degli editori, alle code per un firmacopie, agli occhi lucidi di chi stringe un libro come fosse un talismano. E intanto gli scrittori parlano. Alcuni lo fanno con grazia, altri con sussiego. Qualcuno si concede, altri si sottraggono. Ma tutti, in fondo, cercano di dire qualcosa che resti, almeno per un istante, nell’ascolto di chi passa. C’è chi fotografa tutto, chi si fa selfie a caccia dei volti noti e di richiamo, o davanti ai cartelli curiosi o alle pile di libri, chi insegue un like come fosse un premio letterario. Eppure, anche in questo circo contemporaneo, un luna park della carta e della parola, capita ancora di vedere una ragazza che legge seduta per terra, in silenzio, come se nulla intorno esistesse. È lì che il Salone torna a farsi sacro. Anche solo per qualche minuto. Alla fine, tra la folla, le voci, le mode, resta sempre quella tensione sotterranea verso qualcosa di più vero. Magari un incontro inatteso con un piccolo editore che crede ancora nel valore di un testo originale di uno sconosciuto o una copertina che ti chiama senza sapere perché. La letteratura non è morta, anche nel tempo dell'Intelligenza Artificiale, della cultura digitale del consumo superficiale e veloce. Ha solo cambiato maschera oppure, come sempre, ha mille volti diversi...
----( DACIA MARAINI Foto ©A.M.)------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- UN VOLO COMINCIATO CON PINOCCHIO------------------------------------------ Mi aggiro nel Lingotto, un tempo ventre d’acciaio e fatica, oggi grembo di carta e parole. Dove un tempo ruggivano i motori, fra fatica e sudore, ora risuonano voci, passi, pensieri. La pesantezza del lavoro si è fatta leggerezza d'inchiostro; resta il sudore: quello del caldo, del corpo immerso nella folla, del desiderio acceso da mille stimoli. Il Lingotto è un monumento al tempo che cambia. Ed è la stessa riflessione che si ritrova a fare Dacia Maraini nel presentare, nello Stand de La STAMPA, La bambina che vola. Una favola sul primo comandamento: "Non avrai altro Dio". - "La fede non la si può comandare, è un dono. -precisa- "Lo dico da non credente" Una non credente che non ama definirsi atea. "Essere atei è già paradossalmente avere la certezza di una fede. Da non credente io posso avere una spiritualità laica, aperta al mistero, all'ignoto" In lei ogni parola sembra scaturire da un’antica sorgente che mescola verità, dolore e grazia. E la sorgente la individua subito nella leggenda più antica del mondo che racconta del mito della creazione compiuta dall'uomo. “Tutto è nato con Pinocchio”, confida ricordando l’infanzia dura nel campo di concentramento in Giappone, insieme ai suoi genitori antifascisti. Pensare che la scintilla della sua scrittura si sia accesa lì, tra filo spinato e fame, commuove e rincuora: come se la fiaba più italiana e al contempo più internazionale di tutte fosse stata una navicella segreta, capace di portarla oltre il dolore, oltre l’infanzia ferita. Pinocchio, non solo come primo amore letterario, ma come chiave di volta della sua visione della scrittura e della vita. La storia del burattino di legno, nato dalle mani di un autore che subito gli sfugge, che scappa, mente, cade e si rialza, è davvero la storia di un mito e di una verità originaria:la nostra origine arborea, l'opera che è destinata a "sfuggire" al suo autore, per seguire una sua strada.L’autore crea, ma la creatura – come l’essere umano rispetto a Dio – non può essere controllata. Ecco il paradosso sacro: nell’atto del creare c’è un abbandono. Un lasciar andare. Pinocchio è anche la storia di una riscoperta: la riscoperta della bellezza della paternità, oggi rimossa, per un assurdo timore di sembrare una debolezza. Dacia Maraini è la Letteratura – con la maiuscola – non solo per la sua scrittura, ma per il vissuto che porta dentro, intrecciato ai grandi poeti e scrittori del Novecento. Dacia Maraini è passata attraverso i fuochi del Novecento come una vestale inquieta e lucida. Ha condiviso vita e pensiero con Alberto Moravia, ha incrociato le ombre e le fiamme di Pier Paolo Pasolini, ha danzato – con amore e scontro – attorno a Elsa Morante, che la guardava con occhi intensi e giudicanti. Amica e complice di Piera Degli Esposti, voce del teatro e del corpo, e partecipe del destino nomade e resistente della madre Topazia Alliata, artista e deportata come lei. Una rete di affetti e confronti, tra poesia, politica, corpo femminile, maternità negate o sognate, desiderio e lotta. Nel suo parlare c’era il ritmo del tempo attraversato, e il suo sguardo – mite ma incandescente – portava ancora dentro la bambina che ha volato via dal campo, aggrappata alla coda di una storia.
ROBINSON: L'ISOLA DI CARTA DOVE IL TEMPO SI RITROVA---------------------Tra le correnti affollate del Salone, l’Arena Repubblica Robinson è tra gli spazi, e sono tantissimi, più vivi e affollati. Giovani e adulti si ritrovano in cerca di parole che contino, non solo per essere ascoltate, ma per essere pensate. Oggi ho avuto tra le mani, in anteprima, il numero che uscirà domani, con Joan Baez in copertina. La ragazza con la chitarra si racconta, con quella voce che attraversa il tempo. Dall'America di Dylan a quella di Trump, dai sogni all'incubo ma sempre pronta a cantare la Liberà Robinson nasce nel novembre del 2016, in un momento in cui la cultura sembrava destinata a retrocedere ai margini. Lo ideò Mario Calabresi, allora direttore di Repubblica, e lo affidò alla cura redazionale di Angelo Melone. Scelsero un nome che già era un’immagine: Robinson. Un naufrago, sì, ma non un perduto. Qualcuno che ha attraversato la tempesta e ora cerca un nuovo modo di stare al mondo. È questo il lettore a cui Robinson parla: chi si sente naufrago non tanto per fragilità, ma per resistenza. Naufraghi di fronte alla semplificazione del reale, all’urgenza cieca, al rumore che copre ogni senso. Chi approda su queste pagine cerca un tempo diverso, uno spazio dove le domande non chiudono, ma aprono. E dove ogni libro è un’isola da esplorare. Ogni numero è concepito come un piccolo arcipelago narrativo: reportage, interviste, racconti, poesia, disegni, incursioni nella scienza, nella memoria, nei desideri con attenzione alla graphic novel, all’illustrazione e a una forma di racconto visivo che avvicina anche i più giovani. C’è un equilibrio tra leggerezza e profondità, tra testo e riflessione. Ogni numero è un Album che merita di essere conservato, e ogni trimestre una raccolta da rilegare, come si fa con le cose che non si vogliono perdere. Sfogliandolo, si sente una cura quasi artigianale nella composizione. Ma sotto la forma elegante, c’è un movimento più profondo: il tentativo di mantenere viva una lingua, un pensiero, un respiro lungo. E chi legge, in fondo, non è un osservatore ma un complice silenzioso. Uno che riconosce, tra le righe, un senso di appartenenza. È, da anni, il mio appuntamento domenicale amoroso con i libri della domenica. Lo vivo accanto a un altro rito silenzioso e fedele: La Lettura del Corriere. Due voci diverse, ma entrambe care. Due modi per restare in ascolto, mentre il tempo si fa più lento, e le parole — finalmente — durano.
(Atomo, il cane robot dell’Esercito: .)--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ATOMO, IL CANE ROBOT DELL'ESERCITO: SELFIE CON IL FUTURO PRESENTE----------------- Quest’anno, per la prima volta al Salone del Libro, un non-umano ha catalizzato l’attenzione del pubblico: si chiama Atomo, è un cane robot dell’Esercito Italiano, progettato per operazioni di ricognizione in ambienti estremi. Ma qui, tra padiglioni di carta e parole, è diventato tutt’altro: una star mediatica. Lo cercano, i piccoli lo vorrebebro accarezzare, si mettono come in posa per un selfie con lui. Bambini, adulti, anziani: tutti vogliono una foto con questa creatura a metà tra tecnologia e animale. Ma cosa ci dice la sua presenza in un luogo dedicato ai libri? Forse che stiamo ridefinendo il concetto di “personaggio”. I libri ci hanno abituati da secoli a dialogare con l’invisibile, con esseri immaginari, con intelligenze aliene. Atomo non parla, ma si muove e osserva. È una figura muta che costringe a pensare. Non ha bisogno di narrazione: è la narrazione. La sua presenza accanto a romanzi, saggi e poesie è un cortocircuito che apre una possibilità: leggere il mondo non solo attraverso le parole, ma attraverso le forme emergenti dell'intelligenza non-umana. E se il selfie fosse la nuova forma di dedica? Un’immagine condivisa come frammento di racconto. Un lettore e un non-umano, fermi insieme nel tempo: non più autore e lettore, ma umano e postumano. Non è forse anche questo un nuovo capitolo della nostra storia?
(Foto © Giovanni Torta )----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- IL POETA NARRATORE DEI MONTI CHE NON RISPONDE AL TELEFONO........................................................................... Incontro dopo un anno nel frastuono stancante vicino allo stand in cui spicca la sfuggente figura di Corto Maltese, Giovanni Torta un poeta narratore dei monti che scrive versi usando la fotografia e i fogli di carta. Versi, racconti, pensieri, a volte lucenti come gemme altre volte grezzi ma con la forza di un minerale non levigato: Sente l'urgenza di comunicare il fuoco poetico che gli urge dentro ma poi si rivela introvabile se i tempi e le dimensioni non sono sue, irraggiungibile per i fili del telefono... Ama più la familiarità di un albero, di uno stambecco, del volo degli uccelli. Ormai mi sono arreso a cercarlo in una dimensione urbana. Lo potrò ritrovare solo tra i monti, poeta di pietra e di terra, con gli occhi ancora pieni di cime , crepacci e nidi. Scrive su carta ruvida come se ogni parola fosse un frammento scavato nella roccia. Fotografa nel silenzio che non disturba: un uccello che taglia il cielo lo trattiene come un verso sospeso. Uno stambecco lo guarda e c’è già una storia pronta a nascere dentro. Ascolta una lingua che non è dell’uomo ma del fiore, dell’animale, del sasso che muta forma sotto la luce obliqua del giorno. Solo in montagna può essere pronto, là dove il vento sa i nomi che i cartelli dimenticano. Lui vede con occhi che fotografano un visibile invisibile, in un vissuto con la natura che poi resta segreto. Parla con gesti, o con voce animata e straripante, se ha voglia di parlare, altrimenti tira dritto, con immagini raccolte come bacche e versi lasciati essiccare su fogli di carta ruvida. La poesia, per lui, è come uno slancio che cresce accanto, non davanti a una scrivania. Fratello degli stambecchi, degli alberi nodosi, degli uccelli che si voltano solo se sei degno. Un giorno mi ha donato un Pinocchio, in ceramica, piccolo viandante in cammino per sempre, tra i sentieri che non portano né a scuola né a casa, ma in un altrove... _____ ________________________________________________________ R E S P I R O___-:. "Sono sempre lì tra quei monti/ e il pascolare degli stambecchi./ Tra lo stelo d’erba sibilante alla brezza./ La roccia sporgente ai quattro venti/ sulla cresta affilata./ Fremente allo scorrere delle nuvole / in quei cieli senza confini./ Sono sempre lì ad ascoltare il vociare del vento/ il mormorare del torrente./ Aspettare il sorgere del sole/ o a Lasciarmi trafiggere dal luccicare/ appuntito delle stelle. //...// Sostando minuto fragile/ come una gocciolina di rugiada/ dalla scintillante trasparenza./ Sono sempre lì tra quei monti, / Per non scomparire nella piatta banalità, nell’ orgoglio intriso di futilità / in una artificialità senza meta./ Sono sempre lì fragile e gioioso/ come il vivace volo di una farfalla./ Luminoso come il sole di mezzogiorno./ Vero come lo sguardo che comprende e sorride/ al manifestarsi continuo di questa inesauribile meraviglia./ Li a respirare insieme ai monti. " (poesia inedita di Giovanni Torta)
(Foto ©A.M)------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- UN CUORE A FORMA DI LIBRO TUTTO GRANATA------------------------------------------------------------------------------------------------C’è uno stand al Salone che non somiglia a nessun altro. Nessuna strategia di marketing, nessun clamore da bestseller, nessuna vetrina patinata. Solo passione. Solo memoria. Solo un cuore tutto granata. Uno spazio unico nel tifo calcistio,al Salone raccolto non urlato, rispettoso non violento. Lì, volontari veri – non figuranti, non promotori – accolgono chiunque si avvicini con occhi curiosi o col nodo alla gola di chi vive la febbre del calcio con passione d'anima. Sono custodi della storia del Toro. Espongono libri di ogni editore, purché parlino della squadra, della leggenda, di una fede che ha qualcosa di epico e popolare insieme. Ogni volume è una reliquia, ogni titolo una scintilla che accende un ricordo, una partita, una tragedia, un trionfo. Sono lì per amore. Perché la storia del Torino non si svende, si tramanda. Si racconta sottovoce o in maniera animata, con gli occhi lucidi e con piglio grintoso. Si protegge come si protegge una fiammella nel vento. Non ci sono divi. C’è il collettivo. C’è la comunità che si stringe attorno a una maglia come ci si stringe attorno a un amico caduto, a un fratello, a un ideale. Ogni parola stampata viene letta come una preghiera laica per il Grande Torino e per tutti coloro che ne hanno raccolto l’eredità nei decenni. In mezzo al frastuono del Salone, questo stand è come una piccola casa per la grande comunità del Toro, con la bellezza dei libri. (Antonio Miredi)