lunedì 4 aprile 2022

CINEMA E OSCAR: CODA, I SEGNI DEL CUORE

CODA, il film Oscar 2022 della regista americana Sian Hederin in maniera naturale e credibile, senza retorica sentimentala ci dona il riso della comnedia sociale e l'emozione di un scelta umana capace di toccare le corde più intime, in una storia di disabilità e formazione
Canto come rabbia, come libertà, come ascolto , come silenzio. Al largo della costa americana vicino a Boston, Ruby Rossi, ragazza liceale di 17 anni, a tutto volume canta a squarciagola mentre lancia nelle ceste il pesce appena pescato. La sua famiglia, padre, madre e fratello maggiore, sul peschereccio insieme a lei, sono non udenti. L'inizio del film che ha vinto l'Oscar 2022, il cui titolo, rispetto al nostro generico I segni del cuore, è decisamente più esplicito: CODA, acronimo per Child of deaf adults. In questa famiglia con disabilità uditiva, Ruby unica a sentire e parlare, è quindi una figura indispensabile. E’ lei che fa da interprete, comunica con il mondo esterno, e deve risolvere con la parola i tanti problemi pratici. Una grande responsabilità che Ruby affronta con maturità nonostante la giovane età, grazie al forte legame familiare pur con le sue tipiche conflittualità, ma che comincia a rivelarsi un grosso peso ora che avverte il bisogno nella libertà di seguire i moti del cuore e costruire un futuro più congeniale. A metterla così duramente alla prova è anche la passione per il canto, scelta paradossale che non può essere capita e condivisa dalla sua famiglia data la sordità.
Un dramma umano e sociale che tuttavia il film presenta con i toni di una commedia con molti spunti divertenti e capaci di strappare il riso. Memorabile certe battute del padre Frank ( Troy Kotsur, Oscar come attore non protagonista) rese nella lingua dei segni che la figlia con evidente imbarazzo deve tradurre a voce). Non era facile, senza cadere nella inevitabile retorica sentimentale, trattare sul grande schermo il tema della disabilità dovendo anche cimentarsi in un confronto, dal momento che il film è il remake di un recente film francese, La famiglia Bélier. La scelta della regista americana Sian Heder si è rivelata invece  vincente grazie a una sensibile tutta femminile nell’individuare nuovi accorgimenti. Innanzitutto la scelta di far recitare degli attori sordi, in questo caso i componenti della famiglia Rossi, e puntando molto sulla voce e lo strumento del canto, che la giovane protagonista, Emilia Jones, ha saputo usare in maniera superba. Canto fatto di ascolto ma anche di silenzio, elementi necessari entrambi della comunicazione. Il canto permetterà così di dare a tutti i componenti della famiglia una nuova consapevolezza sul significato e sull’uso della parola. La parola in fondo serviva nella famiglia, prima di una nuova consapevolezza, solo come strumento e non come essenza interiore, per comunicare in profondità cercando di capire la individualità. “Ci sono molte persone che hanno una bella voce ma che non hanno nulla da dire” dirà il maestro di canto a scuola a Ruby, all'inizio insicura e preoccupata di essere ridicolizzata, come altre volte le era accaduto. In maniera credibile e naturale il film riesce così significativamente a passare dal riso di una commedia con contenuto sociale a momenti di commozione profonda, capaci di toccare le corde più intime di ognuno. (Antonio Miredi)

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