“Essere artista ha sempre significato per me possedere ragione e sogni.”
Thomas Mann
Thomas Mann in una foto giovanile
In tempi come i nostri in cui la Ragione dorme sonni che
continuano a generare solo mostri di morte e i sogni per lo più sono quelli consumistici e televisivi,
l’anniversario di un grande scrittore come Thomas Mann, premio Nobel nel 1929,
può essere l’occasione di tornare a leggerlo
con consapevolezza critica e passione sentimentale. Un tempo modello e
punto di riferimento di generazioni di scrittori pronti a riconoscersi nel suo
conflitto perenne, eppure sempre mantenuto in equilibrio, tra vita e spirito,
croce e delizia ancora di tutti i
manniani sopravissuti a quella pigra
indifferenza che sembra circondare oggi la sua figura di scrittore-intellettuale.
La sua fu un’avventura letteraria strepitosa, con una fortuna arrivata a soli 26 anni, quando il suo primo romanzo, I
Buddenbrook, conquistò subito il favore della Germania che evidentemente
si specchiava in quella ascesa e caduta
di una ricca famiglia di una borghesia mercantile oramai al tramonto.
E già nell’pera dell’esordio, l’elemento autobiografico si
affacciava seppure camuffato attraverso simboli e maschere universali, pratica sempre fedele nella copiosa scrittura di Mann, sempre in
contaminazione di poesia e filosofia,
letteratura e saggio politico-filosofico.
La fama internazione,
favorita anche dal Nobel, ha avuto poi
un ritorno di fiamma più spettacolare quando il grande regista Luchino Visconti
decise di rappresentare cinematograficamente il visionaria tragico racconto manniano La
morte a Venezia.
Il realismo magico,
in una classica evocazione della Bellezza, serpeggia e si insinua in tutte le
opere dello scrittore nato a Lubecca, non a caso un altro suo famoso e
importante romanzo come “La montagna incantata” è stato recentemente ritradotto
con un titolo più fedele a quello
originario: La montagna magica.
Antonio Miredi
Nessun commento:
Posta un commento