lunedì 7 dicembre 2020
IL MISTERO MISHIMA A 50 ANNI DALLA MORTE
Voce fra le più originali e fascinose della Letteratura del Novecento Mishima ha vissuto il dramma di una impossibile conciliazione assoluta fra vita e opera, la Tradizione dell'Oriente e la problematicità dell'Occidente.
Affidando alla scrittura, quella radicale della scrittura del corpo, la scelta finale per uscire da un corto circuito.
L'ASSOLUTO OLTRE
di Antonio Miredi
Il 25 novembre del 1970 a Tokyo, con un gesto estremo e teatrale, alla maniera di un antico Samurai, lo scrittore giapponese Yukio Mishima decide di porre fine ai suoi giorni. Consegna al suo editore le ultime pagine de La decomposizione dell'Angelo e col suo ristretto corpo militare di giovani scelti occupa un ufficio del quartier generale militare, tenendo in ostaggio un generale.
E dopo una arringa dal balcone si sventra con una spada affidando a Morita il taglio rituale della testa.
Il suo ultimo biglietto è un messaggio di gloria: “La vita umana è breve ma io vorrei vivere in eterno”
A distanza di tempo non si può dire che questo epitaffio non abbia un suo nucleo di verità, dal momento che ne ha consegnato vita e morte alla eternità di un mito.
Ma è un mito che rischia continuamente di essere fagocitato ed assolutizzato in questa ritualità di azione estrema, compiuta nel coraggio di una feudale devozione a un Giappone di un tempo antico, schiacciando e persino annichilendo l'Opera vastissima, candidata al Nobel.
In altri termini, è legittimo rivendicare nel gesto una identificata matrice politica senza voler fare in profondità i conti con una scrittura in cui lo stile è in costante equilibrio di forma e contenuto, con tutto il necessario carico di radiosa ritmica chiarezza e lucido distacco di analisi?
Non che l'opera, nel suo ventaglio di racconti, romanzi, drammi, saggi, sia avulsa dal rito e dalla liturgia della morte, fino al suo esito più tragico col suicidio finale; piuttosto, quanto e come questa opera di Mishima possa spiegarne e sciogliere in parte il mistero.
L'attrazione di una Bellezza che danza continuamente insieme a Eros e Morte è nodo centrale imprescindibile, purché si sappia anche ricondurli a una loro forza archetipica.
C'è una figura centrale nell'opera come nella vita di Mishima, ed è quella artistica di San Sebastiano.
Un caso? Un caso che Mishima, fertile scrittore e grande lettore, non si sia cimentato con il lavoro di traduzione salvo rarissime eccezioni, e in questa rarità, Le Martyre de Saint Sébastien di Gabriele D'Annunzio? Un caso che abbia scelto col Sebastiano una icona prettamente occidentale e non una equivalente icona orientale?
“L'icona di San Sebastiano è stata rappresentata nella storia dell'Arte (una storia anche del desiderio camuffato) come l'Immagine di un trionfo del corpo, seppure (o proprio perché) trafitto.
Memorabile nella Letteratura il brano con cui Yukio Mishima , in Confessioni di una maschera, svela attraverso
il rinascimentale San Sebastiano di Guido Reni, il suo impetuoso e inarrestabile primo turbamento (omo)erotico.
Ma la struttura del suo archetipo è sicuramente più misterica ed enigmatica, più complessa rispetto alla facile tentazione di farne un santino, sacro o profano.”
(Antonio Miredi, L'Angelo ferito. Sette maschere del Poeta.
Omega Edizioni, 2004)
Provare ad uscire dal corpo (morto) di Mishima per entrare nel corpo (vivo) della scrittura, senza svilire la carica di sacrificio e testimonianza dell'azione rituale della morte, significa cercare di analizzare e capire tulle le motivazioni letterarie e tutte le pulsioni erotiche che sottendono la forza e la vitalità della sua scrittura.
Corpo vivo della scrittura perché nel momento stesso in cui si fa carne e respiro di un nuovo lettore continua a rivivere in altre forme, in altri sogni.
Ne Le lacrime di Eros, Georges Bataille, autore tanto amato da Mishima, riconosce nell'atto stesso dell'uomo primitivo di prendere piena consapevolezza della morte osservando la morte di un suo simile, l'invenzione della Religione, l'Arte e l'Erotismo.
In Mishima questa triade si intreccia in una unica ossessiva modalità di espressione ed esistenza, sintetizzata in una Idea di Bellezza che andrebbe studiata e focalizzata in tutta la sua complessità, più di quanto forse sia sia fatto finora.
“Non è consentito sapere e conservare la bellezza” in questa interiore (apparente) asserzione di Mishima può allora nascondersi l'impossibilità di una (provvisoria) soluzione e il condannarsi inevitabile all'ossessione di un Assoluto il quale, se privato di tutto quell'oltre di cui ha bisogno la vita, è destinato a uno sterile nichilismo.
(©Antonio Miredi)
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Foto:
Hosoe Eikoh. Ordeal by Roses. Mishima Yukio (1961)
Yukio Mishima come San Sebastiano
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