lunedì 25 aprile 2022
BELLA CIAO E LE SUE MILLE VITE E MILLE STORIE
Giulia Giapponesi con Bella ciao-Per la libertà compie una ricerca-viaggio attorno alla canzone oggi più cantata nel mondo, cercando con filmati e interviste di chiarirne le origini oscure, e lasciandoci una testimonianza civile con bella sensibiltà femminile.
Bella ciao è soprattutto una canzone antifascista. Il fascismo non è solo un fenomeno collocato in un preciso periodo storico, come affermava lo stesso suo fondatore, Mussolini, il fascismo era già presente nell’inconscio degli italiani. Così Bela ciao non è solo una canzone di un determinato tempo storico ma un salvavita, un anticorpo che scatta quando c’è una privazione di libertà
Parole del cantautore trovatore, sua stessa auto definizione, di Vinicio Capossela che dalla casa colonica dei Fratelli Cervi a Reggio Emilia, museo della Resistenza, ci introduce in Bella Ciao -Per la libertà.
Ed è una affermazione che già Piero Gobetti, all'indomani della marcia su Roma, aveva teorizzato nel suo scritto sul “Fascismo come autobiografia di una nazione”. Una conquista della libertà che bisogna continuamente difendere.
In anteprima al Bif&st, per pochi giorni nelle sale cinematografiche e passato in telvisione dalla Rai nei giorni a ridosso del 25 Aprile, Bella Ciao, per la libertà è un appassionato e appassionante viaggio nel tempo e nello spazio delle geografie umane di Giulia Giapponesi, alla sua prima prova registica nel provare a trovare un filo narrativo per raccontare la genesi oscura della canzone oggi più cantata al mondo.
Una storia talmente confusa da risultare arduo una sua lineare e filologica ricostruzione.
Non si sa davvero chi sia l'autore e chi abbia musicato Bella ciao, e proprio questo sua anonima origine ha permesso di essere un canto di tutti e di nessuno, aprendosi cioè a ogni contaminazione melodica e linguistica.
La natura ibrida della sua storia non poteva non essere anche la struttura di questo lavoro cinematografico. Poco specificatamente narrativo per essere un film, non abbastanza filologicamente cronologico per essere un documentario. L'originalità di Bella ciao, il cui sottotitolo ne rivela la sua natura di canto di libertà, consiste allora nello scrupolo con cui Giulia Giapponesi con filmati d'epoca, interviste a testimoni, musicisti, storici, brani musicali catturati dalla videosfera di tutto il mondo, ne fa una tessitura di testimonianza civile. E lo fa con una sensibilità spiccatamente femminile, dando alle ragazze nella lotta di un tempo e alle ragazze di oggi una voce capace di imporsi empaticamente.
Bella ciao è come un gomitolo, precisa Carlo Pestelli. Andare alla ricerca del capo di questo gomitolo è scomodo, se ci si affida troppo alle diatribe stoiche.
Canzone dei partigiani, o non piuttosto canzone delle mondine, o forse un lontano canto Yiddish nato nella città di Odessa ( oggi sotto assedio della invasione russa, tanto de rendere ancora più attuale il suo messaggio di libertà) e poi emigrato in Americana e ritornare in Europa, strutturandosi infine con parole definitamente italiane.
Canzone italiana come l'italianissimo saluto internazionale ciao, ripresa come ritornello e con battito di mani, nelle versioni e negli arrangiamenti più diversi.
Una canzone mito, diventata soprattutto dominio giovanile dopo essere stata colonna sonora della serie televisiva cult La casa di Carta.
Fenomeno pop socialmediatico che non annulla anzi amplifica la sua coscienza politica.
Alcuni anni fa Bella ciao, con coraggioso sabotaggio, venne trasmessa dai minareti di Smirne e la canzone con la giovane che osò postarne l'evento, dovettero subire un processo rischiando la prigione, e oggi è anche un canto di riscatto di un popolo esule senza patria come quello armeno.
In Italia resta ancora, assurdamente una canzone divisiva, anche perché erroneamente associata a canzone comunista. In un anno in cui tornò al potere Berlusconi, si pensò di non farla cantare durante il concerto del primo maggio a Roma in piazza San Giovanni.
Ma non ci può essere un primo maggio senza Bella ciao
Così i Modena City Ramblers venendo meno al suggerimento la cantarono, con il loro inconfondibile introito musicale di stampo irlandese, incendiando di entusiasmo la piazza.
Bella ciao, canto di libertà è un puzzle, anche un po' confuso nel montaggio, ma resta una ideale bandiera col rosso colore della passione civile. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Antonio Miredi
Giulia Giapponesi al Bifest 2022
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Bella Ciao - Vinicio Capossela con Dimitris Mystakidis -
Bella Ciao · Modena City Ramblers
giovedì 21 aprile 2022
DONBASS, IL FILM DI LOZNITSA SATIRA GROTTESCA DI UNA TRAGEDIA COLLETTIVA UMANA
Fino a due mesi fa, la maggior parte degli italiani non aveva una idea precisa del nome DONBASS, l'area geografica del bacino del fiume Donec al confine orientale tra l'Ucraina e la Federazione Russa. Da quando l'orrore della guerra in corso fra i due Paesi, è entrato nelle nostre case, occupando tutti i telegiornali, i salotti televisivi, e le pagine dei media, si è preso finalmente coscienza di un conflitto iniziato nel 2014, ben otto anni fa, nel silenzio e nell'indifferenza quasi generale. Anzi, Putin oggi considerato per quello che da tempo non ha fatto mistero di essere, un despota con un sogno imperiale, già ex agente segreto della vecchia Unione Sovietica, al potere da più di vent'anni in uno Stato senza vera libertà di stampa e tutela dei diritti civili, con giornalisti e oppositori avvelenati, imprigionati, e uccisi , aveva nel nostro Paese fino quasi l'altro ieri, politici di primo piano estimatori anche pronti a rivendicare, con maglietta e foto, un sodalizio ideologico e culturale.
Questo per spiegare il perché il film Donbas di Sergei Loznitsa del 2018 sia apparso in alcune nostre sale solo ora, dopo quattro anni.
A scanso di equivoci, il lavoro cinematografico di Loznitsa non è un reportage o un docufilm che possa aiutare a capire meglio le ragioni storiche, etniche, culturali e politiche di una guerra scoppiata in Europa.
DONBASS è un film, cioè una fiction, con produzione occidentale che vede coinvolti Paesi, a cominciare dalla stessa Ucraina, come la Germania e la Francia.
Uno sguardo dalla parte occidentale sui territori in cui militari separatisti filorussi con pieno appoggio della Russia di Putin, dal 2014 hanno proclamato Repubbliche indipendenti non riconosciute politicamente da quasi tutti gli Stati.
Per paradosso di metafora, pur essendo un film, il messaggio che DONBASS veicola si rivela tuttavia più efficace di uno stesso documentario realizzato tenendo presente solo una parte di realtà.
La struttura circolare del film inizia e finisce con una roulotte che serve per il trucco di comparse pronte per essere usate dalla propaganda e snoda altri segmenti di episodi, tutti in vari modi, surreali, grossolani, grotteschi,
Follie criminali in cui non c'è spazio alla umana pietà, dentro una società dominata dalla violenza, dalla corruzione, dalla sopraffazione volgare. Non si parla ma si urla, non si comunica ma si finge.
Fino a coprire la tragedia della realtà con uno sorta di comico cabaret, verso la fine quando si festeggia un matrimonio benedetto dalla neonata Nuova Russia!
La metafora feroce del film è nel suo poter superare i confini contingenti di una Regione, di uno Stato, per denunciare la tremenda crisi di una intera umanità, votata alla autodistruzione, con lo spettro delle armi nucleari, pronta a mascherare ogni potere, individuale e collettivo, con le forme funeste di un fanatismo nazionalistico e ideologico.
Ad uscirne a pezzi non è solo una area geopolitica ma la stessa idea di civiltà, che riguarda ogni Stato, nessuno escluso.
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sabato 16 aprile 2022
IL FIABESCO DISEGNATO E SCRITTO DI LILIANA LANZARDO
Le Fiabe illustrate di Liliana Lanzardo in mostra e prossima occasione di un Laboratorio di disegno con i bambini delle scuole elementari, allo spazio dell'Associazione VOLERE LA LUNA di Torino.
“Una piccola Idea ogni giorno si mette in viaggio con la speranza di trovare qualcuno a cui suggerire....” è l'inizio di una fiaba, intitolata Il viaggio dell'idea, scritta e disegnata da Liliana Lanzardo, in mostra insieme ad altre due fiabe ( La vanità vola bassa, Caro amico ti scrivo da lontano, in un percorso sulle pareti nello spazio dell'Associazione Volere la Luna di Torino, che si apre a una passeggiata aerea e funambolesca fra le parole e le immagini.
Attività di ricerca sociologica e storica con lo scrupolo della attenzione metodologica e l'estro creativo fantasioso e bizzarro possono convivere e abitare in una stessa natura? Chi avesse dubbi a riguardo dovrebbe allora conoscere meglio la personalità di Liliana Lanzardo, la cui biografia è una testimonianza lineare di questo duplice spirito di libertà interiore assoluta.
Pur dedicandosi all'insegnamento Liliana Lanzardo sin dagli anni sessanta ha cominciato a disegnare e illustrare striscioni per manifestazioni cittadine, testi per periodici e via via illustrazioni e dipinti per diverse pubblicazioni e mostre storicizzate da cataloghi con interventi critici.
Un estro creativo che nel tempo si è sempre più definito con una sua inconfondibile cifra artistica, pur nella apparente diversificazione figurativa.
Come definire allora le immagini disegnate o dipinte delle sue fiabe, figure bizzarre, prodigi delle mente, naturalistiche espressioni antropomorfizzate in modo fantasioso?
Ebbene, lo spazio della rappresentazione delle parole è affollato da tutto questo, compreso quello che la stessa artista non esita a definire folletti, spiriti lievi e un po' birichini.
Opportunità e spunto per aprire la mente e la fantasia di bambini ed adulti a storie parallele in cui poi ognuno diventa regista e creatore di significati e significanti nuovi ed altri.
L'importante è mettersi in ascolto e avere non uno ma mille occhi anche invisibili.
Le parole e le immagini scatenano allora nuove parole e nuove immagini nella ingenua innocenza fanciullesca che conserva integrale la bellezza della sorpresa e della scoperta.
Un laboratorio di disegno, aperto ai bambini delle scuole elementari, diventa così motivo per l'esperienza rivissuta di questa scoperta-sorpresa delle parole e delle immagini che le fiabe possono regalare, in un regno ben diverso e contrapposto agli orrori della cronaca.
Antonio Miredi
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La mostra sarà aperta il giovedì e il venerdì dalle 15,00 alle 18,00, per gli altri giorni necessaria la prenotazione presso i seguenti contatti:
tel. 371 444 22 75 – email info@volerelaluna.it
https://viatrivero.volerelaluna.it/
lunedì 4 aprile 2022
CINEMA E OSCAR: CODA, I SEGNI DEL CUORE
CODA, il film Oscar 2022 della regista americana Sian Hederin in maniera naturale e credibile, senza retorica sentimentala ci dona il riso della comnedia sociale e l'emozione di un scelta umana capace di toccare le corde più intime, in una storia di disabilità e formazione
Canto come rabbia, come libertà, come ascolto , come silenzio. Al largo della costa americana vicino a Boston, Ruby Rossi, ragazza liceale di 17 anni, a tutto volume canta a squarciagola mentre lancia nelle ceste il pesce appena pescato.
La sua famiglia, padre, madre e fratello maggiore, sul peschereccio insieme a lei, sono non udenti.
L'inizio del film che ha vinto l'Oscar 2022, il cui titolo, rispetto al nostro generico I segni del cuore, è decisamente più esplicito: CODA, acronimo per Child of deaf adults.
In questa famiglia con disabilità uditiva, Ruby unica a sentire e parlare, è quindi una figura indispensabile.
E’ lei che fa da interprete, comunica con il mondo esterno, e deve risolvere con la parola i tanti problemi pratici.
Una grande responsabilità che Ruby affronta con maturità nonostante la giovane età, grazie al forte legame familiare pur con le sue tipiche conflittualità, ma che comincia a rivelarsi un grosso peso ora che avverte il bisogno nella libertà di seguire i moti del cuore e costruire un futuro più congeniale.
A metterla così duramente alla prova è anche la passione per il canto, scelta paradossale che non può essere capita e condivisa dalla sua famiglia data la sordità.
Un dramma umano e sociale che tuttavia il film presenta con i toni di una commedia con molti spunti divertenti e capaci di strappare il riso.
Memorabile certe battute del padre Frank ( Troy Kotsur, Oscar come attore non protagonista) rese nella lingua dei segni che la figlia con evidente imbarazzo deve tradurre a voce).
Non era facile, senza cadere nella inevitabile retorica sentimentale, trattare sul grande schermo il tema della disabilità dovendo anche cimentarsi in un confronto, dal momento che il film è il remake di un recente film francese, La famiglia Bélier.
La scelta della regista americana Sian Heder si è rivelata invece vincente grazie a una sensibile tutta femminile nell’individuare nuovi accorgimenti. Innanzitutto la scelta di far recitare degli attori sordi, in questo caso i componenti della famiglia Rossi, e puntando molto sulla voce e lo strumento del canto, che la giovane protagonista, Emilia Jones, ha saputo usare in maniera superba.
Canto fatto di ascolto ma anche di silenzio, elementi necessari entrambi della comunicazione.
Il canto permetterà così di dare a tutti i componenti della famiglia una nuova consapevolezza sul significato e sull’uso della parola. La parola in fondo serviva nella famiglia, prima di una nuova consapevolezza, solo come strumento e non come essenza interiore, per comunicare in profondità cercando di capire la individualità.
“Ci sono molte persone che hanno una bella voce ma che non hanno nulla da dire” dirà il maestro di canto a scuola a Ruby, all'inizio insicura e preoccupata di essere ridicolizzata, come altre volte le era accaduto.
In maniera credibile e naturale il film riesce così significativamente a passare dal riso di una commedia con contenuto sociale a momenti di commozione profonda, capaci di toccare le corde più intime di ognuno. (Antonio Miredi)
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