sabato 12 marzo 2022
UN COLPO DI FULMINE LA JAGUAR NERA DI DIABOLIK
Intervista esclusiva al manager proprietario della iconica Jaguar E-Type del 1962, auto di un mito del fumetto, Diabolik.
Quando nel 1961, al Salone di Ginevra, fu presentata per la prima volta la Jaguar E-Type, immediata fu la consapevolezza di trovarsi davanti a un capolavoro di perfezione estetica e meccanica.
Linea di eleganza sinuosa protesa in avanti, potenza di velocità e prestazioni in grado di non sfigurare e persino superare quelle di altre auto oggetto di desiderio come la Ferrari, la Meserati, la Aston Martin.
La Jaguar non poteva non essere l'auto di Diabolik, inafferrabile criminale a suo modo fascinoso, entrato nella storia del mito del fumetto grazie alla genialità creativa di due donne, le sorelle Giussani.
Ad unire Diabolik e la Jaguar è anche il comune anniversario di esordio, sessanta anni dalla loro apparizione della scena, nella realtà e nell'immaginario.
A Torino, in occasione dell'ultimo film su Diabolik dei Manetti Bros, interpretato da Luca Marinelli insieme a Cinzia Leoni (Eva Kant) e Valerio Mastrandrea ( l'ispettore Ginko), due mostre in contemporanea da poco conclusasi.
Al Museo del Cinema alla Mole Antonelliana sul mito del Fumetto dell'antieroe per eccellenza, in calzamaglia nera, mito capace di investire diversi linguaggi, aspetti e forme di espressione, e quella del Museo Nazionale dell'Automobile.
Vero colpo grosso al Museo dell'Automobile di Torino si è rivelata la presenza di una strepitosa Jaguar E-Type del 1962, esattamente come quella di Dibolik, proveniente da una collezione privata.
All'inaugurazione della Mostra, nel dicembre scorso, era presente, accompagnato dalla moglie, il proprietario della Jaguar, un manager che vive in una amena cittadina marchigiana, che ha permesso questa esclusiva intervista.
Naturalmente per ragioni di riservatezza, non viene elencato il suo nome.
Domanda: Come è nata questa passione collezionistica che l'ha portata a realizzare uno dei sogni esclusivi degli italiani, possedere una Jaguar come quella di Diabolik?
Risposta: Sono un lettore del fumetto del Re del Terrore dall'età adolescenziale: Un giorno uscendo di casa mi capitò di vedere davanti agli occhi proprio una Jaguar E-Type color verde british. Un'apparizione, un vero colpo di fulmine. Non credevo prima che questa auto esistesse nella realtà, pensavo appartenesse solo al mondo della immaginazione. Ho creduto persino che anche Diabolik potesse essere in carne ed ossa nei paraggi.
L'auto apparteneva a un commerciante collezionista, mio vicino di casa.
La casa di produzione del fumetto di Diabolik, l'Astorina, all'inizio non ha potuto inserire il nome Jaguar accanto a Diabolik, per il rifiuto della casa di produzione dell'auto che non voleva una propria vettura associata a un criminale. Poi quando è arrivato il successo, naturalmente il nome è stato inserito, anche se l'auto appariva già nel primo numero del fumetto. Ed è stato questo vicino di casa che poi mi ha aiutato a comprare la Jaguar nera coupè, prima serie del 1962, vista da un meccanico nei pressi di Roma, dopo diverse traversie che formano un'altra storia da raccontare.
Domanda: Si tratta di un'auto particolare non adatta a un uso familiare frequente. Un oggetto esclusivo di desiderio non del tutto consumabile.
Risposta: Si, è così. Mia moglie ha subito definito l'auto uno dei miei giocattoli, di certo il più esclusivo.
In effetti la uso raramente, solo per la normate periodica manutenzione e cerco di evitare di passare per le città.
Considero questa auto come una vera opera d'arte, capace di essere esposta come un quadro in un salotto per l'ammirazione e il piacere di essere guardata.
DOMANDA: C'è come una complice affinità fra Diabolik e la sua auto. Lo scatto fulmineo e felino, una forza morbida di coraggio e forma sinuosa.
Risposta: Non a caso l'auto è una Jaguar. La storia della scelta del nome viene del resto raccontata in un numero del fumetto. Diabolik è l'unico sopravvissuto di un naufragio marittimo. Alcuni criminali nascosti in un'isola, decidono di allevarlo e così viene cresciuto per essere un vero malfattore, fino a stringere un patto con King, il capo banda. Quando però quest'ultimo uccide una pantera, animale che tanto l'aveva affascinato, Diabolik lo uccide
e deruba gli altri criminali dell'isola, da dove fugge divenendo un vero esperto grazie anche a tecniche sofisticate apprese grazie a un certo Romin. Fino poi ad imbattersi in Dorian, il possessore della Jaguar di color nero che Diabolik, eliminato anche lui, farà sua.
DOMANDA: Ha visto il film appena uscito su Diabolik, cosa ne pensa?
RISPOSTA: Il film è ben fatto ma mi è sembrato anche staticamente freddo,con poca azione
DOMANDA: Cosa l'affascina soprattutto del personaggio Diabolik
Risposta: La sfida. Diabolik deve continuamente superare prove che presentano sempre più nuovi e difficili ostacoli. E lo fa con l'ingegno, il coraggio, la forza e anche l'astuzia e la capacità di usare le sue mille maschere.
Domanda: La sfida è un tratto anche della sua psicologia
Risposta: Si, totalmente. Anche nel lavoro bisogna avere sempre una sfida, continui stimoli.
DOMANDA: Riuscire a realizzare un sogno, come ha fatto lei, è anche un altro modo di porsi una sfida. Un sogno tutto suo, all'inizio, che non è stato subito condiviso da sua moglie.
RISPOSTA: Si, all'inizio mia moglie non è sembrata tanto entusiasta. In una decina di anni sarà salita in auto solo due volte. Quando però l'ha potuta ammirare a Torino il giorno della inaugurazione, tutta illuminata, anche lei, presa dalla emozione, si è sentita orgogliosa.
La moglie, Anna, presenza rassicurante, conferma, sollecitata ad intervenire a conclusione della intervista..
RISPOSTA: “ A Torino l'auto è sembrata nel suo splendore di oggetto esteticamente bello. Non sono particolarmente interessata a Diabolik come personaggio di fumetto, ma la bellezza fa parte della nostra vita. Accanto al valore della speranza. In un momento così difficile, come quello che stiamo attualmente vivendo, con tre figli giovani, mi viene solo da pensare alla speranza che non deve mai mancare nella nostra vita”
(A cura di Antonio Miredi)
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