domenica 20 marzo 2022
IL CINEMA AL CINEMA: LICORICE PIZZA
Paul Thomas Anderson, il regista del sofisticato e impeccabile “Il filo nascosto” torna alla regia con una vitale leggera commedia, tuffandosi nella nostalgica vallata californiana primi anni settanta, con la sua indimenticabile colonna sonora.
CHE (RIN) CORSA L'AMORE
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Se si hanno dei dubbi riguardo all’amare, basta, nel peso dell’assenza, verificare quanto si è disposti a correre o rincorrere per l’incontro.
Gary Valentine (Cooper Hoffman) è un quindicenne grassottello e brufoloso, un po’ sbruffone ma abbastanza sicuro di sé, attore carismatico in una compagnia di ragazzi, con uno spiccato senso imprenditoriale degli affari. Alana Kane (Alana Haim) ha ben dieci anni di più, insoddisfatta e in cerca di un suo preciso posto nel mondo, non particolarmente bella ma capace di trasmettere una sua naturale attrazione.
Nel momento in cui Gary ha modo di vederla, durante le liceali foto di gruppo, dove Alana lavora come aiuto fotografo, è già convinto che quella giovane donna sarà sua moglie. Anche se da subito Alana lo prende in giro, gli ricorda quanto sia un moccioso ragazzino per niente fico. Eppure tra i due, un po’ necessità, un po’ per la caparbia insistenza di lui e la voglia di Alana di uscire da una sorta di gabbia, si stabilisce una strana e insolita intesa di coppia senza essere coppia.
Attorno a questa coppia stramba e libera, il regista realizza una commedia leggera e tutta giocata sul giro vorticoso di una estate americana primi anni settanta, nella familiare vallata di Los Angeles, con personaggi di adulti tratteggiati in modo caricaturale e sempre sopra le righe. Un modo anche per mettere in piena luce solo questa insolita coppia, intraprendente e tutta pronta a vivere il momento in cui si ritrova a recitare una parte, anche nella più disarmante ordinarietà e insignificanza fisica.
E poco importa se poi la storia precipita in un microcosmo della Valley che appare nel sobborgo di Los Angelesdi San Fernando persino provinciale, con episodi folli e stravaganti, sfilacciati e ridotti a frammenti di memoria.
In questo vortice senza una precisa narrazione la coppia continua a giocare il reciproco avvicinarsi e allontanarsi, in un continuo tira e molla ricco di piccole gelosie e piccole rivalità, spesso con un rovesciamento di ruoli. A volte è lui a sembrare più maturo e capace di prendere una nuova iniziativa di successo, altre volte è lei a prendere il controllo e far in modo di uscire da situazioni pericolose, come quando si ritrova a guidare un grosso camion a secco di benzina, (una delle scene più interessanti) giù per la collina californiana. I veri infantili alla fine sono solo gli adulti, tutti accomunati nel loro poter offrire spunti di riflessione ma senza un approfondimento. E anche per i due giovanissimi protagonisti, bravi e sempre credibili nella loro naturalezza, nessuna introspezione, nessuno scavo psicologico. Solo la forza di una vitalità capace di amalgamarsi alla perfezione dentro la stagione di quel preciso 1973, ricreato magnificamente, al punto da farci sentire estranei rispetto a un tempo passato che già ci appare lontano nonostante la sua magnifica indimenticabile colonna sonora, con canzoni anni sessanta e quelle dell'anno in cui la vicenda si colloca.
Per Paul Thomas Anderson, regista del precedente sofisticato e impeccabile “Il filo nascosto”, la trama è anche, se non soprattutto in questo ultimo film, materia, tessuto.
Il tessuto cinematografico ha una sua tale rilevanza linguistica da poter far a meno di una scorrevole intelligibilità narrativa. Per arrivare al significato del titolo del film bisogna risalire alla autobiografia del regista per sapere che Licorice Pizza era una famosa catena di negozi di vinili che in quegli anni erano meta quasi religiosa di tanti giovani americani assetati di libertà e musica.
Musica, con la nostalgia vintage verso gli Album a 33 giri simili a pizze di liquirizia, e vortice di giovinezza restano di sicuro grandi pregi ma non bastano per rendere un film un capolavoro: molti spunti non volutamente messi a fuoco, se non difetti, appaiono un limite.
La sottile e sotto traccia disamina a una società americana sempre in cerca di se stessa tra sogno e cinismo, indulgente e pronta ad auto assolversi, se c'è è talmente irriconoscibile da non venire percepita nemmeno dai tanti entusiastici giudizi riconducibili alla gioiosa e vitale estetica formalistica.
Troppo poco, se non si vuole lasciarsi andare solo al tuffo di una corsa, salutare ma nostalgicamente vacua, in questo nostro tempo di orrore.
Antonio Miredi
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