lunedì 30 gennaio 2012
Angelopoulos: artista profeta del cuore antico dell'Europa senza più identità
"Che cosa è Atene?" "La coscienza dell'Europa è nata qui..." è la domanda con risposta che aleggia all'inizio del film-documentario "Atene, ritorno sull'Acropoli", del regista greco Theo Angelopoulos, un ritratto storico-mitico che oggi si rivela in tutta la sua forte cifra profetica.
Una perfetta sintesi del modo di vedere e vivere il Cinema. Fu realizzato nel 1983, per la serie televisiva delle capitali europee della Rai, che lo ha riproposto prima e dopo, come omaggio, l'improvvisa scomparsa dell'artista, sul canale digitale più interessante del momento, Rai Storia, vero esempio di servizio pubblico nel considerare la memoria come coscienza del presente.Nel film, parlare di semplice documentario sarebbe riduttivo, l'Atene in cui Angelopoulos è nato, è già irriconoscibile: caotica, occupata dal traffico, dal consumismo e senza sapere dove sta andando. La crisi economica non è ancora scoppiata ma la voce narrante affidata a Nando Gazzolo si interroga sui debiti, la perdita di valori sicuri, lo smarrimento del "poeta" che sembra impazzito. I ricordi di infanzia si mescolano alla storia drammatica nazionale con la guerra civile, la dittatura militare, l'esilio e il ritorno a una democrazia senza però memoria e coscienza di sè.
Tutto il Cinema di Angelopoulos è uno sguardo realistico ed epico, con i suoi tempi lenti, autentici, didascalico-analogici. Un realismo magico che ascolta e si fa avvolgere dalla poesia e dall'arte figurativa.
Il poeta Seferis e i dipinti di Tsarouchis danno corpo e parola alla trama storica e agli stessi corpi degli attori, come il motociclista militare nudo con le ali di farfalla che corre per le vie affollate di Atene.
Apparirà alla fine, ancora nudo mentre dopo aver deposte le ali sulla moto si allontana come una semplice comparsa. La musica di Manos Hadjidakis canta la sua nenia dolce e amara, come la maggior parte delle canzoni greche che anche qando cantano la gioia hanno sempre le ali della nostalgia...Quelle ali che l'artista porta nelle sue mani, solo ma consapevole testimone, e pronto a salire sull'Acropoli, prima di morire nel Teatro di Dioonisio come un tragico attore che muore sempre sula scena.
L'Acropoli di Atene non è solo il cuore smarrito della Grecia è il cuore antico della stessa Europa che non ha più una sua identità, presa come è oggi a difendere solo la sua immagine economica, divorata dallo "squalo" dell'egoismo finanziario internazionale.
Per chi è attento alla cronaca, infine, una considerazione sulla morte "banale" dovuta a un incidente per strada, come in molti hanno scritto. No, non è stata banale la morte del regista, per quanto assurda è stata "profeticamente" epifanica. A uccidere Angelopoulos durante le riprese del suo ultimo film , è stato un motociclista anche se non era nudo e non aveva ali come nel suo lontano film-documentario.
(Antonio Miredi)
Theo Angelopoulos
Un dipinto di Tsarouchis
L'Acropoli di Atene
Il teatro di Dionisio ad Atene
La Grecia mitica di Yannis Tsarouchis fantasma figurativo anche nel film-documentario "Ritorno sull'Acropoli" di Angelopoulos
Dalida in una vecchia canzone di Manos Hadjidakis
La versione italiana cantata da Milva Il tema musicale ripreso da Fausto Papetti ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Mare largo
ti amo perché mi somigli
Mare profondo
senza mai tranquillità
Come il battito di un cuore
nel piccolo del mio cuore
Sogni folli sull'onda cadono
al cuore poi arrivando
svegliano l’amante giovinezza
i Sogni follii e le brame sbattono ali
come nel cielo aperto uccelli in volo
Eppure ho una tristezza
che mi trafigge di dolcezza
Eppure ho una tristezza
che mi trafigge di dolcezza
e nella calma mi distende:
la mia tristezza
la mia tristezza
verrà a dire fino a te
fratello amato mare
Onde simili agli uccelli in volo
nel viaggio della partenza
portate lontano nascosta
fratello amato mare
Onde simili agli uccelli in volo
nel viaggio della partenza
portate lontano nascosta
la mia tristezza e da lontano
portatemi in cambio la gioia attesa."
Antonio Miredi ( libero adattamento della canzone di Manos Hadjidakis)
martedì 24 gennaio 2012
Tiziano Ferro Re della Superclassifica Gennaio 2012
Davanti a una scacchiera che appare un po' sfocata ma con i suoi pezzi ben visibili: i pedoni, la Torre, il Cavallo e il Re al centro, Tiziano Ferro ha un sorriso aperto, gioiosamente esultante...Ne ha tuttti i motivi, il suo quinto ed ultimo Album,"L'Amore è una cosa semplice" ancora troneggia nella Superclassifica di gennaio, davanti alle novità discografiche della Pausini, di Celentano, davanti alle hit internazionali di Adele, la Winehouse...Un Album il cui titolo più che una certezza si rivela come una esortazione, un manifesto a vivere la vita (e le emozioni), in tutta la sua verità-libertà, innanzittutto interiore.
Un Album con più di dieci belle inedite canzoni, tutte di Tiziano, a parte la cover, "La fine" di Nesli, il duetto con John Legend o quella intensa, destinata ad essere una canzone classica anche per altri interpreti , chiesta espressamente a Irene Grandi, che l'aveva scritta due anni fa ma poi scartata, "Paura non ho".
L'Album è maturato in questi ultimi due anni, anni importanti, di scavo dentro di sè a di autoconfessione pubblica, molto sentito e inrtimistico, e tuttavia con arrangaimenti originiali, aperti ai vari suoni, ai ritmi metropolitani. Un Album specchio della sua anima ma anche uno "specchio" per tutti.
(Antonio Miredi).
Ad aprire l'Abum, "Hai delle isole negli occhi", brano con un andamento quasi languido, sincopato, con spruzzi di rap, di jazz, e una partricolarità di voce nel puro stile Ferro, uno dei brani che non ci si stanca nell'ascoltare.
"Odio tante cose da quando ti conosco
e non ne conosco neanche il perché
ma lo intuisco
odio... il mio nome solo senza il tuo
ogni fottuto addio
io odio quando ti odi e mi allontani perché
hai delle isole negli occhi
e il dolore più profondo
riposa almeno un'ora solo se ti incontro
e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so
e tu mi a-m-i
trama sintetica di una giornata storica
e tutto è perfetto
tutto somiglia a te
e un anno va bellissimo
bellissimo così com'è
Sei più forte di ogni bugia
e se la gente ferisce
è perché tu sei migliore e lo capisce (bene)
la tua timidezza non condanna, no no
ma ti eleva da chi odia, chi ferisce e inganna
perché tu hai delle isole negli occhi
e il dolore più profondo
riposa almeno un'ora solo se ti incontro
e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so
e tu mi a-m-i
trama sintetica di una giornata storica
e tutto è perfetto
tutto somiglia a te
e un anno va bellissimo
bellissimo così com'è
Io non mento non importa cosa dicono
nel silenzio guardo le anime che passano
e di queste anime tu sei la più speciale
perché sorridi anche inseguita dal dolore
e ti a-m-o anche se soffri e poi pretendi non si veda
quando vorresti che il sorriso tuo invertisse
la controregola che regola le masse
e tu mi a-m-i dici che esistono solo persone buone
quelle cattive sono solamente sole...
...e forse è così…
hai delle isole negli occhi
e il dolore più profondo
riposa almeno un'ora solo se ti incontro..."
e non ne conosco neanche il perché
ma lo intuisco
odio... il mio nome solo senza il tuo
ogni fottuto addio
io odio quando ti odi e mi allontani perché
hai delle isole negli occhi
e il dolore più profondo
riposa almeno un'ora solo se ti incontro
e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so
e tu mi a-m-i
trama sintetica di una giornata storica
e tutto è perfetto
tutto somiglia a te
e un anno va bellissimo
bellissimo così com'è
Sei più forte di ogni bugia
e se la gente ferisce
è perché tu sei migliore e lo capisce (bene)
la tua timidezza non condanna, no no
ma ti eleva da chi odia, chi ferisce e inganna
perché tu hai delle isole negli occhi
e il dolore più profondo
riposa almeno un'ora solo se ti incontro
e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so
e tu mi a-m-i
trama sintetica di una giornata storica
e tutto è perfetto
tutto somiglia a te
e un anno va bellissimo
bellissimo così com'è
Io non mento non importa cosa dicono
nel silenzio guardo le anime che passano
e di queste anime tu sei la più speciale
perché sorridi anche inseguita dal dolore
e ti a-m-o anche se soffri e poi pretendi non si veda
quando vorresti che il sorriso tuo invertisse
la controregola che regola le masse
e tu mi a-m-i dici che esistono solo persone buone
quelle cattive sono solamente sole...
...e forse è così…
hai delle isole negli occhi
e il dolore più profondo
riposa almeno un'ora solo se ti incontro..."
Tiziano Ferro non canta canzoni inedite non sue, ha fatto eccezione con questa "Paura non ho", gioiello musicale "rubato" a Irene Grandi. Una canzone aperta alla melodia sinfonica, e con un testo aperto al'amore e al dolore del mondo trafitto dalle guerre: la storia narra di un soldato che in cuor suo dice di non avere paura di morire ma che sa e impara che la vita ha bisogno di amore e non di morte.
"Paura non ho
se devo partire
perché di morire paura non ho.
Non piangere più,
non piangere amore
perché ti prometto che ritornerò.
Io sono un soldato,
fucile sul cuore
e vado cercando,
paura non ho.
Cantando se ne va
e resti solo tu,
io rischierò la vita
e l'amerò di più.
Cantando se ne va,
rimani solo tu,
la vita rischierò
per viverla di più.
Paura non ho
ma sono cambiato,
mi sveglio sudato
e so anche perché:
una notte un soldato
moriva nel letto
e mi ha salutato
per sempre così.
Cantando se ne va
la vita dentro me,
che folle sono stato
l'amavo senza se.
Cantando se ne va,
la vita se ne va,
la guardo e se ne va.
Paura non ho
ma non vivo più,
non rido, non piango,
non ti penso più.
Cantando se ne va
la vita anche da me
perché io l'ho tradita
come ho tradito te.
Cantando se ne va,
la vita se ne va,
la guardo e se ne va,
cantando se ne va."
se devo partire
perché di morire paura non ho.
Non piangere più,
non piangere amore
perché ti prometto che ritornerò.
Io sono un soldato,
fucile sul cuore
e vado cercando,
paura non ho.
Cantando se ne va
e resti solo tu,
io rischierò la vita
e l'amerò di più.
Cantando se ne va,
rimani solo tu,
la vita rischierò
per viverla di più.
Paura non ho
ma sono cambiato,
mi sveglio sudato
e so anche perché:
una notte un soldato
moriva nel letto
e mi ha salutato
per sempre così.
Cantando se ne va
la vita dentro me,
che folle sono stato
l'amavo senza se.
Cantando se ne va,
la vita se ne va,
la guardo e se ne va.
Paura non ho
ma non vivo più,
non rido, non piango,
non ti penso più.
Cantando se ne va
la vita anche da me
perché io l'ho tradita
come ho tradito te.
Cantando se ne va,
la vita se ne va,
la guardo e se ne va,
cantando se ne va."
(Irene Grandi)
Esattamente 10 anni fa, Tiziano Ferro usciva cin il suo primo Album con "Roso Relativo" e fu sbito succeso internazionale. Voce originalealmente nuova , rauca, testo romanticamente criptico, movenze teatrali in maniera moderna...
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domenica 22 gennaio 2012
Costa Concordia: un naufragio come metafora
Theodore Gericault, La zattera ella Medusa, oilo su tela, 1819 Louvre
Il naufragio della Costa Concordia, ancora paurosamente inclinata di fronete all'isola del Giglio, oltre a quell'enorme e volgare "spettacolo" televisivo che continua a scatenare e che nulla ha a che fare con un doveroso e onesto diritto di cronaca, è stata anche vista come una metafora letteraria per spiegare l'attuale "deriva" se non proprio "naufragio" del nostro Paese. Qualche intellettuale si è spinto ancora più in là, richiamando alla memoria il famoso quadro del pittore romantico francese, Gericault, che nel dipingere "La zattera della Medusa" si ispirò a un fatto di cronaca: il naufragio della fregata Meduse, avvenuto nel 1816 davanti alla costa dell'attuale Mauratania, a causa di una palese negligenza di chi ne aveva il comando.
La cronaca, quando si trasforma in tragedia collettiva e ha un intrinseco nucleo paradigmatico, è giusto che venga vista e analizzata come una metafora letteraria, filosofica o artistica, soprattutto quando ci permette di riflettere e stigmatizzare i limiti e e i rischi di una spettacolarizzazione mediatica. Stiamo assistendo a un continuo processo in diretta televisiva con una narrazione che si tinge persino di "giallo": la bionda misteriosa, il capitano coraggioso e quello vile, la frase slogan "Salga a bordo c..." che diventa la griffe in tempo reale con la vendita di una maglietta...e in questa altra deriva della comunicazione, non si sottraggono i social network...Cosa ci può allora dire queso naufragio italiano se lo vogliamo vedere come metafora che riflette sulla cronaca? L'Italia non deve aver bisogno nè di eroi nè di vittime, il capitano Gregori De Falco ha semplicemente svolto il suo dovere, e il comandante Francesco Schettino, se ha commesso da solo tutti gli errori e le indecisioni che gli vengono imputate, pagherà le conseguenze decise dalle parti competenti e non da un giudizio del popolo, e invece di riempire continuamente i contenitori televisivi di gossip e opinioni che hanno tutto l'aspetto di sentenze, si affonti la questione della sicurezza, del rispetto dell'ambiente, di come si addestra e come si recluta il personale.... Dimostriamo di essere cioè un Paese civile, rispettoso della legalità e della trasparenza, altrimenti le parole più significative ed efficaci continueranno a dircele i nostri comici che hanno ormai sostitiuto il lavoro di tanti cronisti.
Crozza nella trasmissione Ballarò è stato, non a caso, uno dei primi ad usare l'immagine della "metafora" ricordandoci che il naufragio della Costa Concordia non faceva una grinza con chi, al comando del nostro Paese, ancora l'estate scorsa in televisione ci dicevava che tutto va bene, la crisi è una invenzione dei media, la nave Italia solidamente può continuare la sua rotta... Poi, si sa, sono arrivate ben cinque manovre "lacrime e sangue" rivolte naturalemte non verso tutti, sperando che di manovre non ne arrivino altre pronte a colpire la maggioranza dei soliti noti...(Antonio Miredi)
Il naufragio della Costa Concordia, ancora paurosamente inclinata di fronete all'isola del Giglio, oltre a quell'enorme e volgare "spettacolo" televisivo che continua a scatenare e che nulla ha a che fare con un doveroso e onesto diritto di cronaca, è stata anche vista come una metafora letteraria per spiegare l'attuale "deriva" se non proprio "naufragio" del nostro Paese. Qualche intellettuale si è spinto ancora più in là, richiamando alla memoria il famoso quadro del pittore romantico francese, Gericault, che nel dipingere "La zattera della Medusa" si ispirò a un fatto di cronaca: il naufragio della fregata Meduse, avvenuto nel 1816 davanti alla costa dell'attuale Mauratania, a causa di una palese negligenza di chi ne aveva il comando.
La cronaca, quando si trasforma in tragedia collettiva e ha un intrinseco nucleo paradigmatico, è giusto che venga vista e analizzata come una metafora letteraria, filosofica o artistica, soprattutto quando ci permette di riflettere e stigmatizzare i limiti e e i rischi di una spettacolarizzazione mediatica. Stiamo assistendo a un continuo processo in diretta televisiva con una narrazione che si tinge persino di "giallo": la bionda misteriosa, il capitano coraggioso e quello vile, la frase slogan "Salga a bordo c..." che diventa la griffe in tempo reale con la vendita di una maglietta...e in questa altra deriva della comunicazione, non si sottraggono i social network...Cosa ci può allora dire queso naufragio italiano se lo vogliamo vedere come metafora che riflette sulla cronaca? L'Italia non deve aver bisogno nè di eroi nè di vittime, il capitano Gregori De Falco ha semplicemente svolto il suo dovere, e il comandante Francesco Schettino, se ha commesso da solo tutti gli errori e le indecisioni che gli vengono imputate, pagherà le conseguenze decise dalle parti competenti e non da un giudizio del popolo, e invece di riempire continuamente i contenitori televisivi di gossip e opinioni che hanno tutto l'aspetto di sentenze, si affonti la questione della sicurezza, del rispetto dell'ambiente, di come si addestra e come si recluta il personale.... Dimostriamo di essere cioè un Paese civile, rispettoso della legalità e della trasparenza, altrimenti le parole più significative ed efficaci continueranno a dircele i nostri comici che hanno ormai sostitiuto il lavoro di tanti cronisti.
Crozza nella trasmissione Ballarò è stato, non a caso, uno dei primi ad usare l'immagine della "metafora" ricordandoci che il naufragio della Costa Concordia non faceva una grinza con chi, al comando del nostro Paese, ancora l'estate scorsa in televisione ci dicevava che tutto va bene, la crisi è una invenzione dei media, la nave Italia solidamente può continuare la sua rotta... Poi, si sa, sono arrivate ben cinque manovre "lacrime e sangue" rivolte naturalemte non verso tutti, sperando che di manovre non ne arrivino altre pronte a colpire la maggioranza dei soliti noti...(Antonio Miredi)
sabato 21 gennaio 2012
Moretti Presidente a Cannes, un onore per l'Italia
Il regista Nanni Moretti
Diciamolo subito, la notizia che il regista, sceneggiatore, attore italiano Nanni Moretti presiederà il prossimo Festival del Cinema di Cannes, alla sua 65esima edizione, dal 16 al 27 maggio 2012, ci deve rendere felici.
In tempi in cui il nostro Paese sempre di più nel mondo pare perdere di credibilità e forza, domostra di conservare almeno una carta vincente, quella dell'arte, quella della cultura.
Su questo dovrebbero riflettere i nostri politici, di qualsiasi colore e fazione partitica. L'Italia deve ricominciare a investire in creatività, arte, cultura. (Antonio Miredi)
Il tema musicale del film "La stanza del figlio" composto da Piovani
Il film di Nanni Moretti "La stanza del figlio" si aggiudicò nel 2001 a Cannes, la Palma d'oro.
Le musiche originali sono di un altro nostro vero orgoglio italiano, il compositore Nicola Piovani.
Locandina del film diretto da Moretti, Palma d'oro a Cannes nel 2001
Diciamolo subito, la notizia che il regista, sceneggiatore, attore italiano Nanni Moretti presiederà il prossimo Festival del Cinema di Cannes, alla sua 65esima edizione, dal 16 al 27 maggio 2012, ci deve rendere felici.
In tempi in cui il nostro Paese sempre di più nel mondo pare perdere di credibilità e forza, domostra di conservare almeno una carta vincente, quella dell'arte, quella della cultura.
Su questo dovrebbero riflettere i nostri politici, di qualsiasi colore e fazione partitica. L'Italia deve ricominciare a investire in creatività, arte, cultura. (Antonio Miredi)
Il tema musicale del film "La stanza del figlio" composto da Piovani
Il film di Nanni Moretti "La stanza del figlio" si aggiudicò nel 2001 a Cannes, la Palma d'oro.
Le musiche originali sono di un altro nostro vero orgoglio italiano, il compositore Nicola Piovani.
Locandina del film diretto da Moretti, Palma d'oro a Cannes nel 2001
venerdì 20 gennaio 2012
Ricordando Bigazzi, paroliere della vita
Il vinile di "Lisa dagli occhi blu", un Hit da primo posto per tre mesi
Il prossimo San Remo con Morandi, fra i suoi omaggi, è pronto a ricordare Giancarlo Bigazzi, l'autore, compositore, produttore musicale che ci ha lasciati a Viareggio all'età di 71 anni. E come ha detto lo stesso cantante-presentatore, sarà. "Un omaggio allegro e lo celebreremo con tutta la vita che c'è nelle sue canzoni". Gancarlo Bigazzi è stato innanzitutto un famosissimo "paroliere", come si chiamvana ancora negli anni sessanta gli autori delle canzoni, che ha portato al successo canzoni e interpreti, alcuni oggi dimenticati altri ancora sulla cresta dell'onda. Successi da ht, come "Lisa dagli occhi blu", cantata da Mario Tessuto nel 1969 e capace di vendere allora due milioni di copie in tutto il mondo. Un autore non solo di facili successi, commerciali e "leggeri", anche autore capace di leggere e scrutare le pieghe più intimiste e sensibili degli uomini. E poi perchè dividere la vita tra le sue forme più leggere e quelle più profonde?
La vita è un tutt'uno di leggerezza e profondità. Ecco il vero motivo del successo di Bigazzi e il perchè, ancora oggi, tante sue canzoni sono un fremito di emozioni o di ricordi...
(Antonio Miredi)
Copertina del 45 giri, Lisa dagli occhi blu 1969
"Lisa dagli occhi blu
senza le trecce la stessa non sei più.
Piove silenzio tra noi
vorrei parlarti ma te ne vai....
...Classe seconda B
il nostro amore è cominciato lì.
Lisa dagli occhi blu
senza le trecce non sei più tu...
....Amore fatto di vento
il primo rimpianto sei stata tu...
Chi adolescente in quegli anni, e chissà che la cosa non si ripeta con gli adolescenti di oggi, non ha vissuto il suo primo amore con una ragazza di nome Lisa o Marisa e guarda caso, aveva proprio gli occhi blu e faceva parte di una seconda della sezione B? E naturalmente un amore non ricambiato... ma rimasto come un vivido ricordo lontano...amaro rimpianto... poi dimenticato...(naturalmente l'amore non la canzone, e naturalmente anche ogni allusione biografica è puramente casuale...)
Da Canzonissima 1969( archivio Rai grazie a risorsa Youtube)
"Lisa dagli occhi blu " è stato il grande successo, irripetibile, la grande nuova occasione, di Mario Tessuto. Al successo discografico seguiva allora la versione cinematografica, generalmente insulsa: i famosi per l'epoca film musicarelli, oggi vera e bella testimonianza visiva e canora degli indimenticabili anni sessanta...
Locandina del film "Lisa agli occhi blu" diretto da Corbuci con Silvia Dionisio
Mario Tessuto, nome d'arte di Mario Buongiovanni, non è comunque una delle tante "meteoriti" musicali, cantanti per una sola o breve stagione, anche se non con la stessa popolarità di allora, continua a cantare e girare per l'Italia. Ha inciso anche nuove canzoni in coppia con la moglie Donatella.
Nel suo sito ufficilae ( www.mariotessuto.it) così ha salutato Giancarlo Bigazzi:
Mario Tessuto nel film omonimo del suo maggior successo cantava una intimista canzone di Don Backy, "Un sorriso"....Canzone portata in quell'anno a San Remo in coppia con la grande Milva.
da film "Lisa dagli occhi blu"
Don Backy a Sanremo 1969
L'interpretazione di Milva di "Un sorriso" a San Remo !969
Non mancano le curiosità musicali internazionali riguardo "Lisa dagli occhi blu". Mario Tessuto inciderà una versione spagnola in Argentina ma in Sud America sarà la voce nasale di Nicola di Bari a portarla a un successo più allargato, successo evidenziato ancora oggi dalla Rete, dove è possibile "pescare" chicche musicali rare se non rarissime.
dall'Album El corazón es un gitano di Nicola Di Bari
Una versione sudamericana "locale" dell'italianissima "Lisa dagli occhi", quando le cover internazionali arrivavavano dall'Italia!
E per finire l'omaggio a "Lisa dagli occhi blu" e ai suoi autori, Bigazzi-Cavallaro, ecco una versione più recente rock, della band peruviana Los Traces.
AM_ART continuerà, per l'intero anno, a ricordare Giancarlo Bigazzi, attraverso altre sue canzoni, interpreti, eventi.
Il prossimo San Remo con Morandi, fra i suoi omaggi, è pronto a ricordare Giancarlo Bigazzi, l'autore, compositore, produttore musicale che ci ha lasciati a Viareggio all'età di 71 anni. E come ha detto lo stesso cantante-presentatore, sarà. "Un omaggio allegro e lo celebreremo con tutta la vita che c'è nelle sue canzoni". Gancarlo Bigazzi è stato innanzitutto un famosissimo "paroliere", come si chiamvana ancora negli anni sessanta gli autori delle canzoni, che ha portato al successo canzoni e interpreti, alcuni oggi dimenticati altri ancora sulla cresta dell'onda. Successi da ht, come "Lisa dagli occhi blu", cantata da Mario Tessuto nel 1969 e capace di vendere allora due milioni di copie in tutto il mondo. Un autore non solo di facili successi, commerciali e "leggeri", anche autore capace di leggere e scrutare le pieghe più intimiste e sensibili degli uomini. E poi perchè dividere la vita tra le sue forme più leggere e quelle più profonde?
La vita è un tutt'uno di leggerezza e profondità. Ecco il vero motivo del successo di Bigazzi e il perchè, ancora oggi, tante sue canzoni sono un fremito di emozioni o di ricordi...
(Antonio Miredi)
Copertina del 45 giri, Lisa dagli occhi blu 1969
"Lisa dagli occhi blu
senza le trecce la stessa non sei più.
Piove silenzio tra noi
vorrei parlarti ma te ne vai....
...Classe seconda B
il nostro amore è cominciato lì.
Lisa dagli occhi blu
senza le trecce non sei più tu...
....Amore fatto di vento
il primo rimpianto sei stata tu...
Chi adolescente in quegli anni, e chissà che la cosa non si ripeta con gli adolescenti di oggi, non ha vissuto il suo primo amore con una ragazza di nome Lisa o Marisa e guarda caso, aveva proprio gli occhi blu e faceva parte di una seconda della sezione B? E naturalmente un amore non ricambiato... ma rimasto come un vivido ricordo lontano...amaro rimpianto... poi dimenticato...(naturalmente l'amore non la canzone, e naturalmente anche ogni allusione biografica è puramente casuale...)
Da Canzonissima 1969( archivio Rai grazie a risorsa Youtube)
"Lisa dagli occhi blu " è stato il grande successo, irripetibile, la grande nuova occasione, di Mario Tessuto. Al successo discografico seguiva allora la versione cinematografica, generalmente insulsa: i famosi per l'epoca film musicarelli, oggi vera e bella testimonianza visiva e canora degli indimenticabili anni sessanta...
Locandina del film "Lisa agli occhi blu" diretto da Corbuci con Silvia Dionisio
Mario Tessuto, nome d'arte di Mario Buongiovanni, non è comunque una delle tante "meteoriti" musicali, cantanti per una sola o breve stagione, anche se non con la stessa popolarità di allora, continua a cantare e girare per l'Italia. Ha inciso anche nuove canzoni in coppia con la moglie Donatella.
Nel suo sito ufficilae ( www.mariotessuto.it) così ha salutato Giancarlo Bigazzi:
"Un doveroso omaggio all'autore che mi ha permesso, col suo brano, di diventare quello che sono, facendomi salire in cima a tutte le classifiche.
A lui devo il mio successo, sono stato e sono tutt'ora conosciuto in tutto il mondo grazie a questa indimenticabile canzone!
Grazie Giancarlo Bigazzi!"
Mario Tessuto nel film omonimo del suo maggior successo cantava una intimista canzone di Don Backy, "Un sorriso"....Canzone portata in quell'anno a San Remo in coppia con la grande Milva.
da film "Lisa dagli occhi blu"
Don Backy a Sanremo 1969
L'interpretazione di Milva di "Un sorriso" a San Remo !969
Non mancano le curiosità musicali internazionali riguardo "Lisa dagli occhi blu". Mario Tessuto inciderà una versione spagnola in Argentina ma in Sud America sarà la voce nasale di Nicola di Bari a portarla a un successo più allargato, successo evidenziato ancora oggi dalla Rete, dove è possibile "pescare" chicche musicali rare se non rarissime.
dall'Album El corazón es un gitano di Nicola Di Bari
Una versione sudamericana "locale" dell'italianissima "Lisa dagli occhi", quando le cover internazionali arrivavavano dall'Italia!
E per finire l'omaggio a "Lisa dagli occhi blu" e ai suoi autori, Bigazzi-Cavallaro, ecco una versione più recente rock, della band peruviana Los Traces.
AM_ART continuerà, per l'intero anno, a ricordare Giancarlo Bigazzi, attraverso altre sue canzoni, interpreti, eventi.
giovedì 19 gennaio 2012
Buon compleanno, Fellini
Federico Fellini clown fotografato da Franco Pinna
Verso le ultime ore del terrestre Capricorno, il 20 gennaio, quando lo Zodiaco cede il passo al liquido Acquario, nasce a Rimini Federico Fellini; e dnque, Buon compleanno Fellini, come se fosse ancora tra noi.
Insieme alle trame, ai fili, alle facce, ai corpi, ai luogni, ai suoni... di tutti i suoi films e tutto quanto è diventato, per genialità artistica "felliniano". Come a dire, onirico, grottesco-fantastico, surreale-reale...come la natura di un circo con tutti i suoi clowns che tanto Federico amava. A chi gli chiedeva cosa volesse dire con i suoi films, Federico Fellini non sembrava voler prendere sul serio la domanda. "Non ho messaggi specifici da lasciare...ognuno può vedervi quello che vuole...Il cinema è un grande giocattolo, un bel passatempo..."
Naturalmente c'era verità e finzione, come nel suo stile di regista, in tutte le sue parole. Il grande "spettacolo" del mondo che è il Cinema, trasformando la realtà in una meravigliosa macchina dei sogni, non annulla e non dimentica il dramma, la poesia anche se rugosa, la verità del reale. Nel sogno Federico Fellini vedeva l'autentica possibilità di essere testimone del proprio tempo. Da qui la difesa dei suoi film e di ogni altro film che cominciavano ad essere trasmessi sulle reti commerciali, a cominciare dai canali di Mediaset, infarciti di pubblicità. Contro il massacro compiuto dalla pubblicità, sempre più copiosa anche nelle reti del servizio pubblico Rai, combattè una lotta vana. Fellini giustamente vi vedeva in questo "bombardamento" pubblicitario un attentato all'integrità di un'opera artistica, l'uccisione alla coerenza di un sogno ad occhi aperti., che la televisione perpetuava rompendo quell'incanto "ipnotico", "rituale" che solo la sala cinematografica può offrire. Da qui anche l'amore per il circo, il teatro onirico multiforme il più popolare, il più in mezzo a una "strada"....E il circo cos'è im fondo se non il microcosmo di tutte le nostre miserie e tutti i nostri splendori. (Antonio Miredi)
Manifesto del suo primo film Oscar con Giulietta Masina
Nino Rota, fedele compagno di "viaggio" di Federico Fellini, con le sue indimenticabili e intramontabili note musicali.
Una scena del film "La strada" risorsa YouTube
All'epoca "La strada" di Fellini fu accusato di aver tradito quello che fino allora era il "vanto" della cinematografia italiana nel mondo, il "neorealismo". Il tempo ha dimostrato come questo capolavoro, questo classicodel cinema mondiale, non ha affatto "tradito" la realtà, l'ha semmai soltanto ammantata di magia poetica. La poesia scivolata nell'amara quotidianità, com i suoi momenti di crudeltà e i suoi momenti di tenerezza.
"La strada" ancora oggi è anche i suoi straordinari personaggi, a cominciare da Zampanò, uno indimenticabile Anthony Quin e l'inimitabile Gelsomina, Giulietta Masina, per tutta la vita con l'immagine di questo suo personaggio innocente fragile e forte.
Verso le ultime ore del terrestre Capricorno, il 20 gennaio, quando lo Zodiaco cede il passo al liquido Acquario, nasce a Rimini Federico Fellini; e dnque, Buon compleanno Fellini, come se fosse ancora tra noi.
Insieme alle trame, ai fili, alle facce, ai corpi, ai luogni, ai suoni... di tutti i suoi films e tutto quanto è diventato, per genialità artistica "felliniano". Come a dire, onirico, grottesco-fantastico, surreale-reale...come la natura di un circo con tutti i suoi clowns che tanto Federico amava. A chi gli chiedeva cosa volesse dire con i suoi films, Federico Fellini non sembrava voler prendere sul serio la domanda. "Non ho messaggi specifici da lasciare...ognuno può vedervi quello che vuole...Il cinema è un grande giocattolo, un bel passatempo..."
Naturalmente c'era verità e finzione, come nel suo stile di regista, in tutte le sue parole. Il grande "spettacolo" del mondo che è il Cinema, trasformando la realtà in una meravigliosa macchina dei sogni, non annulla e non dimentica il dramma, la poesia anche se rugosa, la verità del reale. Nel sogno Federico Fellini vedeva l'autentica possibilità di essere testimone del proprio tempo. Da qui la difesa dei suoi film e di ogni altro film che cominciavano ad essere trasmessi sulle reti commerciali, a cominciare dai canali di Mediaset, infarciti di pubblicità. Contro il massacro compiuto dalla pubblicità, sempre più copiosa anche nelle reti del servizio pubblico Rai, combattè una lotta vana. Fellini giustamente vi vedeva in questo "bombardamento" pubblicitario un attentato all'integrità di un'opera artistica, l'uccisione alla coerenza di un sogno ad occhi aperti., che la televisione perpetuava rompendo quell'incanto "ipnotico", "rituale" che solo la sala cinematografica può offrire. Da qui anche l'amore per il circo, il teatro onirico multiforme il più popolare, il più in mezzo a una "strada"....E il circo cos'è im fondo se non il microcosmo di tutte le nostre miserie e tutti i nostri splendori. (Antonio Miredi)
Manifesto del suo primo film Oscar con Giulietta Masina
Nino Rota, fedele compagno di "viaggio" di Federico Fellini, con le sue indimenticabili e intramontabili note musicali.
All'epoca "La strada" di Fellini fu accusato di aver tradito quello che fino allora era il "vanto" della cinematografia italiana nel mondo, il "neorealismo". Il tempo ha dimostrato come questo capolavoro, questo classicodel cinema mondiale, non ha affatto "tradito" la realtà, l'ha semmai soltanto ammantata di magia poetica. La poesia scivolata nell'amara quotidianità, com i suoi momenti di crudeltà e i suoi momenti di tenerezza.
"La strada" ancora oggi è anche i suoi straordinari personaggi, a cominciare da Zampanò, uno indimenticabile Anthony Quin e l'inimitabile Gelsomina, Giulietta Masina, per tutta la vita con l'immagine di questo suo personaggio innocente fragile e forte.
lunedì 16 gennaio 2012
La marcia dei Pinguini: il sacrificio come promessa di vita
Tutto è cominciato, come capita sempre nella vita, per caso e per necessità, che poi significa urgenza, vocazione...Il giovane biologo francese Luc Jacquet legge un annuncio su un giornale e risponde. Si tatta di affrontare un viaggio lungo, all'estremità del globo terrestre, nel continente ghiacciato dell'Antartide.
Qui il biologo ha modo di conoscere la vita dei "bizzarri" pinguini imperatori e matura un'avventura scientifica ed artistica che si concretizzerà nel 2005 nell'avventura cinematografica "La marche de l'empereur", pronta a sbancare i botteghini dei cinema di mezzo mondo. Come spiegare lo straordinario sucesso internazionale?
Luc Jacquet realizza un vero cult-movie, nonostante l'Oscar guadagnato sia stato assegnato per la sezione del documentario.
"La marcia dei pinguini", come in Italia il film è stato intitolato con la voce narrante, divertita e partecipe del nostro Fiorello, è più di un documenario; e infatti il biologo-regista ha firmato l'operazione anche come autore della sceneggiatura.
La storia è al contempo drammatica e gioiosa, come lo è del resto il miracolo della vita. Si racconta del viaggio lungo e faticoso verso l'ignoto di un popolo di pinguini per andare alla ricerca del luogo ideale dove vivere il rituale-danza del corteggiamento. Qui nella assoluta fedeltà monogamica averrà l'accoppiamento e quando l'uovo sarà il frutto di questo "rito"della natura, a riscaldarlo e tenerlo in custodia, non saranno le femmine, che partiranno invece per la ricerca del cibo, bensì i maschi.
I maschi pinguini imperatori rimarranno immobili, al gelo, a vivere questo sacrificio condiviso della coppia.
Questo il fulcro di un racconto ben più lungo e articolato e che può anche essere mirabilmente sintetizzato con alcune parole della sua scrittura cinematografica : "Una promesa di vita s'installa nel tepore dei ventri". (Antonio Miredi)
Il regista Luc Jacquet
Il promo originale del film
sabato 14 gennaio 2012
Le lacrime delle ultime lettere di Aldo Moro
Moro nella prigione delle Brigate Rosse: una tragedia italiana
"Chiedi chi erano i Beatles" cantavano gli Stadio nel 1984: oggi e sempre, a tutte le nuove generazioni bisogna invece chiedere cosa sanno della morte, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro. La ragione di questa necessaria domanda, storica e nel contempo morale, è nel fatto che l'assassinio dello statista rappresenta un dramma umano e politico della Storia della nosta Repubblica.
L'occasione per ritornare a parlare del "caso" Moro, l'offre il recente restauro delle lettere autografe di Moro da parte dell'Istituto cenrale italiano che cura anche la conservazione del patrimonio archivistico e librario.
Il restauro delle Lettere, come rivela l'ultimo numero del supplemente settimanale del quotidiano La Repubblica, Il Venerdì, documenta una ipotesi che ha invece tutto il valore di una verità: in alcune lettere si colgono parole "macchaite" di lacrime. E queste lacrime si possono leggere anche come una metafora poetica, senza nulla togliere al profondisssimo intimo dolore personale, e senza nulla togliere al valore anche politico di questo dolore. Lacrime di Moro dunque che appartengono e riguardano anche tutti noi.
Non a caso "metafora poetico-letteraria" perchè già nello stesso anno dell'uccisione di Aldo Moro, nel maggio 1978, un lucido e profetico libro intitolato "L'Affaire Moro" (uscito prima in Francia e poi in Italia) fu scritto dal grande scrittore Leonardo Sciascia. In quel libro Sciascia aveva già visto tutto, anticipato tutto, e attraverso il filtro non dello storico, non della politica tout court. Un'analisi della lettere che fu accusata invece dalla politica di operare nel campo minato della metafisica e del romanzo. Il libro dello scrittore siciliano invece si serviva della maschera letteraria e metafisica per tracciare uno quadro spietato ed esatto di storia politica. E questo è stato recentemente confermato dallo storico Miguel Gotor, che in un più recente libro "Aldo Moro. Lettere dalla prigione", analizzando tutte le lettere scoperte e venute poi fuori, anche se non manoscritte ma fotocopiate, arriva alla medesima intima convinzione, anche se con diversi punti di vista e altra ottica. Moro era lucido seppure sotto oppresssione morale. La Ragion di Stato non si è affatto mossa con ragione e senso vero dello Stato. Le Brigate Rosse non hanno mai voluto rivelare tutto e hanno operato continue censure, smentendo il loro pubblico proclama di allora di essere la voce trasparente del "popolo". La morte dell'uomo politico è luogo di intrighi, veleni, coperture, da partre innanzitutt di ampi apparati dello Stato, in maniera consapevole e in maniera inconsapevole. E soprattutto un'altra ultima certezza, la più inquietante:Moro è morto perchè "doveva" morire. (Antonio Miredi)
Copertina del libro di Sciascia su Moro uscito nel 1978, da Sellerio
Copertina del libro sulle Lettere dalla prigionia di Miguel Gotor
Il monumento ad Aldo Moro a Maglie cittadina pugliese natale del politico italiano
Maglie è un'amena tipica cittadina del mezzogiorno della Puglia, in provincia di Lecce. Il monumento al suo più illustre cittadino fu inaugurato nel 1998, nel ventennale della morte, in presenza dell'allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. E' situato in una silenziosa piazzetta di fronte alla casa natale di Moro.
L'atteggiamento pensoso che la statua manifesta è un invito al raccoglimento e a una riflessione sulla memoria, favorita dalle due panchine adiacenti. Particolare originale ma non casuale: Moro porta sotto il bracccio una copia de L'Unità, il quotidiano allora del Partito Comunista italiano. Fu Moro infatti l'artefice di quella strategica nuova allenza con la sinistra comunista, interrotta proprio con il rapimento e l'uccisione per opera dellle Brigate Rosse e una complicità, mai chiarita del tutto, con settori deviati e politici dello Stato.
Il francobollo in occasione del 25esimo anniversario della morte di Moro
"Chiedi chi erano i Beatles" cantavano gli Stadio nel 1984: oggi e sempre, a tutte le nuove generazioni bisogna invece chiedere cosa sanno della morte, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro. La ragione di questa necessaria domanda, storica e nel contempo morale, è nel fatto che l'assassinio dello statista rappresenta un dramma umano e politico della Storia della nosta Repubblica.
L'occasione per ritornare a parlare del "caso" Moro, l'offre il recente restauro delle lettere autografe di Moro da parte dell'Istituto cenrale italiano che cura anche la conservazione del patrimonio archivistico e librario.
Il restauro delle Lettere, come rivela l'ultimo numero del supplemente settimanale del quotidiano La Repubblica, Il Venerdì, documenta una ipotesi che ha invece tutto il valore di una verità: in alcune lettere si colgono parole "macchaite" di lacrime. E queste lacrime si possono leggere anche come una metafora poetica, senza nulla togliere al profondisssimo intimo dolore personale, e senza nulla togliere al valore anche politico di questo dolore. Lacrime di Moro dunque che appartengono e riguardano anche tutti noi.
Non a caso "metafora poetico-letteraria" perchè già nello stesso anno dell'uccisione di Aldo Moro, nel maggio 1978, un lucido e profetico libro intitolato "L'Affaire Moro" (uscito prima in Francia e poi in Italia) fu scritto dal grande scrittore Leonardo Sciascia. In quel libro Sciascia aveva già visto tutto, anticipato tutto, e attraverso il filtro non dello storico, non della politica tout court. Un'analisi della lettere che fu accusata invece dalla politica di operare nel campo minato della metafisica e del romanzo. Il libro dello scrittore siciliano invece si serviva della maschera letteraria e metafisica per tracciare uno quadro spietato ed esatto di storia politica. E questo è stato recentemente confermato dallo storico Miguel Gotor, che in un più recente libro "Aldo Moro. Lettere dalla prigione", analizzando tutte le lettere scoperte e venute poi fuori, anche se non manoscritte ma fotocopiate, arriva alla medesima intima convinzione, anche se con diversi punti di vista e altra ottica. Moro era lucido seppure sotto oppresssione morale. La Ragion di Stato non si è affatto mossa con ragione e senso vero dello Stato. Le Brigate Rosse non hanno mai voluto rivelare tutto e hanno operato continue censure, smentendo il loro pubblico proclama di allora di essere la voce trasparente del "popolo". La morte dell'uomo politico è luogo di intrighi, veleni, coperture, da partre innanzitutt di ampi apparati dello Stato, in maniera consapevole e in maniera inconsapevole. E soprattutto un'altra ultima certezza, la più inquietante:Moro è morto perchè "doveva" morire. (Antonio Miredi)
Copertina del libro di Sciascia su Moro uscito nel 1978, da Sellerio
Copertina del libro sulle Lettere dalla prigionia di Miguel Gotor
Il monumento ad Aldo Moro a Maglie cittadina pugliese natale del politico italiano
Maglie è un'amena tipica cittadina del mezzogiorno della Puglia, in provincia di Lecce. Il monumento al suo più illustre cittadino fu inaugurato nel 1998, nel ventennale della morte, in presenza dell'allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. E' situato in una silenziosa piazzetta di fronte alla casa natale di Moro.
L'atteggiamento pensoso che la statua manifesta è un invito al raccoglimento e a una riflessione sulla memoria, favorita dalle due panchine adiacenti. Particolare originale ma non casuale: Moro porta sotto il bracccio una copia de L'Unità, il quotidiano allora del Partito Comunista italiano. Fu Moro infatti l'artefice di quella strategica nuova allenza con la sinistra comunista, interrotta proprio con il rapimento e l'uccisione per opera dellle Brigate Rosse e una complicità, mai chiarita del tutto, con settori deviati e politici dello Stato.
Il francobollo in occasione del 25esimo anniversario della morte di Moro
VOLTO PER VOLTO, OCCHI PER OCCHI, SE CI FOSSE LUCE
“Questo è tutto per il passato. Per il futuro c'è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi...Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo….”
Da l’ultima lettera alla moglie di Aldo Moro
L'ultima lettera in risorsa YouTube
mercoledì 11 gennaio 2012
La rosa nel canto di Gabriela Mistral
Gabriela Mistral (immagine dal sito lacasadellapoesia.com)
Era il 10 gennaio del 1957 quando moriva la poetessa cilena Gabriela Mistral, prima donna latinoamericana a vincere il Nobel nel 1945. Gabriela vivificava la forza e l'intensità della poesia anche come donna educatrice e femminista, e nella scelta del suo nome d'arte si può forse anche cogliera il rifiuto di un nome natale anche dal forte richiamo a una cultura clericale edificante (il suo vero nome era Lucila de Maria del Perpetuo Soccorro Godoy Alcayaga) e l'attaccamento invece a una classicità nella modernità della poesia che nel cantare l'amore e il dolore, servendosi di metafore floreali come quella della rosa, fa intuire un invisibile e lontano richiamo a una tradizione che va dai poeti provenzali fino alle voci ermetiche a lei più vicine.
La rosa del resto è figura centrale anche nell'arte non solo nella poesia.
"La ricchezza del centro della rosa
è la ricchezza del tuo cuore
aprila:
il tuo dolore è ciò che rinserra.
Aprila in un canto
o in un disperato amore.
Non proteggere la rosa:
ti brucerebbe con il suo splendore"
Gabriela Mistral (poesia La rosa tratta dall'Agenda Letteraria 2012)
Dalì, La rosa meditativa
Rosa nella mano una bella foto ripresa dal blog (www.e-citazioni.com) di Rita Baccaro
E che dire delle tante rose cantate? Evidente immagine della sensualità e sessualità femminile!
L'important c'est la rose cantava negli anni sessanta Gilbert Becaud (risorsa YouTube)
Riccardo del Turco, L'importante è la rosa " la cantò nella versione italiana.
In quegli anni i successi internazionali diventavano subito cover per i cantanti in voga da noi, la canzone è stata ripresa anni dopo, cantata da Del Turco insieme a Fontana, Meccia, e Fidenco, come "I SUPER QUATTRO"
Era il 10 gennaio del 1957 quando moriva la poetessa cilena Gabriela Mistral, prima donna latinoamericana a vincere il Nobel nel 1945. Gabriela vivificava la forza e l'intensità della poesia anche come donna educatrice e femminista, e nella scelta del suo nome d'arte si può forse anche cogliera il rifiuto di un nome natale anche dal forte richiamo a una cultura clericale edificante (il suo vero nome era Lucila de Maria del Perpetuo Soccorro Godoy Alcayaga) e l'attaccamento invece a una classicità nella modernità della poesia che nel cantare l'amore e il dolore, servendosi di metafore floreali come quella della rosa, fa intuire un invisibile e lontano richiamo a una tradizione che va dai poeti provenzali fino alle voci ermetiche a lei più vicine.
La rosa del resto è figura centrale anche nell'arte non solo nella poesia.
"La ricchezza del centro della rosa
è la ricchezza del tuo cuore
aprila:
il tuo dolore è ciò che rinserra.
Aprila in un canto
o in un disperato amore.
Non proteggere la rosa:
ti brucerebbe con il suo splendore"
Gabriela Mistral (poesia La rosa tratta dall'Agenda Letteraria 2012)
Dalì, La rosa meditativa
Rosa nella mano una bella foto ripresa dal blog (www.e-citazioni.com) di Rita Baccaro
E che dire delle tante rose cantate? Evidente immagine della sensualità e sessualità femminile!
Riccardo del Turco, L'importante è la rosa " la cantò nella versione italiana.
In quegli anni i successi internazionali diventavano subito cover per i cantanti in voga da noi, la canzone è stata ripresa anni dopo, cantata da Del Turco insieme a Fontana, Meccia, e Fidenco, come "I SUPER QUATTRO"
venerdì 6 gennaio 2012
Il lungo viaggio verso la Stella dei Misteriosi Magi nell'Arte
Stella Polare
Leggenda e Storia si mescolano nella narrazione dei misteriosi Re Magi. Da dove venivano, cosa cercavano, che nomi avevano....? Tante domande e altrettante risposte diverse, affascinanti, contrastanti...
La tradizione cristiana dei Re Magi ci ha laciato una ricca messe attraverso i vangeli canonici ed apocrifi ma il loro mistero è ancora intatto e tocca lo spirito sia religioso che laico. Molti i temi, i simboli, le figure che circondano i Magi: la Stella che hanno seguito, i tre particolari Doni...Altrattanto affascianante l'altro lungo viaggio compiuto dalle regali figure con le loro Adorazioni nella Stora dell'Arte. (Antonio Miredi)
I Magi di San Vitale a Ravenna
L'Adorazione di Giotto
Ghirlandaio
Mantegna
Antonio Balestra
L'Adorazione della cattedrale di Manresa in Spagna
Filippo Lippi
Rembrandt
Adorazione dell'Icona conservata a Villa Badessa fraz. Rosciano
Alberto Savinio
Un Viaggio di Adorazione in Progress...
Leggenda e Storia si mescolano nella narrazione dei misteriosi Re Magi. Da dove venivano, cosa cercavano, che nomi avevano....? Tante domande e altrettante risposte diverse, affascinanti, contrastanti...
La tradizione cristiana dei Re Magi ci ha laciato una ricca messe attraverso i vangeli canonici ed apocrifi ma il loro mistero è ancora intatto e tocca lo spirito sia religioso che laico. Molti i temi, i simboli, le figure che circondano i Magi: la Stella che hanno seguito, i tre particolari Doni...Altrattanto affascianante l'altro lungo viaggio compiuto dalle regali figure con le loro Adorazioni nella Stora dell'Arte. (Antonio Miredi)
I Magi di San Vitale a Ravenna
L'Adorazione di Giotto
Ghirlandaio
Mantegna
Antonio Balestra
L'Adorazione della cattedrale di Manresa in Spagna
Filippo Lippi
Rembrandt
Adorazione dell'Icona conservata a Villa Badessa fraz. Rosciano
Alberto Savinio
Un Viaggio di Adorazione in Progress...
La tradizione del Presepe con i Re Magi vive il suo culmine
Arnolfo di Cambio 1283
La tradizione del Presepe risale agli anni in cui Francesco di Assisi pensò di far rivivere il miracolo della Natività nel cuore di un bosco, in mezzo a quelle voci e presenze della natura e della vita che ha così sapientamente cantato nel Cantico delle Creature.
Il più antico Presepe, con le statue che popolano i vari personaggi della Notte di Betlemme a noi pervenuto, è quello scolpito da Arnolfo di Cambio nel 1283. Il gruppo marmoreo non è del tutto quello originario, la statua della Madonna è posteriore, ma a tutt'oogi conserva l'incanto della sua antica artistica bellezza votiva, e si trova nella Cappella sotteranea della Basilica romana di Santa Maria Maggiore.
Nel tempo la tradizione del Presepe si è diffusa in vari Paesi della cristianità, anche del Nord: magnifici i Presepi Gotici sopravissuti insieme ad antichi altari e cori istoriati in legno.
Poi la tradizione del Presepe, anche in Italia, ha cominciato a perdere il suo incanto e il suo valore artistico-mistico per essere sostituito dal più "consumistico" Albero di Natale".
Negli ultimissimi anni si nota finalmente una inversione di tendenza soprattutto al Sud, dove nelle case delle famiglie private, l'allestimento del Presepe è un rito vissuto fin dagli inizi di dicembre, con cura, pazienza, amore, e di anno in anno si arricchisce, con novità scultoree artiginali, occupando della casa sempre più ampi spazi.
Oggi, giorno dell'Epifania, con l'arrivo dei Re Magi, il Presepe vive il suo culmine. I misteriosi personaggi che già si rintacciano nel Vangelo di Matteo, portano i loro preziosi doni, spinti da una ricerca sapienzale e seguendo le tracce di una stella. Per credenti e non credenti la stella non è forse il segno-simbolo di un senso della vita capace, nella ricerca e nel viaggio di andare oltre le apparenze, oltre il consueto...?
(Antonio Miredi)
Un esempio tipico di Presepe allestito in una casa privata, con la ricchezza e la cura dei suoi particolari, è quello della famiglia Nicola Bratta di Valenzano, paese vicino a Bari.
Particolare del Presepe Bratta
Il Presepe di Nick Bratta nella sua centralità
Come Il Vangelo di Matteo racconta l'evento dell'Epifania:
La tradizione del Presepe risale agli anni in cui Francesco di Assisi pensò di far rivivere il miracolo della Natività nel cuore di un bosco, in mezzo a quelle voci e presenze della natura e della vita che ha così sapientamente cantato nel Cantico delle Creature.
Il più antico Presepe, con le statue che popolano i vari personaggi della Notte di Betlemme a noi pervenuto, è quello scolpito da Arnolfo di Cambio nel 1283. Il gruppo marmoreo non è del tutto quello originario, la statua della Madonna è posteriore, ma a tutt'oogi conserva l'incanto della sua antica artistica bellezza votiva, e si trova nella Cappella sotteranea della Basilica romana di Santa Maria Maggiore.
Nel tempo la tradizione del Presepe si è diffusa in vari Paesi della cristianità, anche del Nord: magnifici i Presepi Gotici sopravissuti insieme ad antichi altari e cori istoriati in legno.
Poi la tradizione del Presepe, anche in Italia, ha cominciato a perdere il suo incanto e il suo valore artistico-mistico per essere sostituito dal più "consumistico" Albero di Natale".
Negli ultimissimi anni si nota finalmente una inversione di tendenza soprattutto al Sud, dove nelle case delle famiglie private, l'allestimento del Presepe è un rito vissuto fin dagli inizi di dicembre, con cura, pazienza, amore, e di anno in anno si arricchisce, con novità scultoree artiginali, occupando della casa sempre più ampi spazi.
Oggi, giorno dell'Epifania, con l'arrivo dei Re Magi, il Presepe vive il suo culmine. I misteriosi personaggi che già si rintacciano nel Vangelo di Matteo, portano i loro preziosi doni, spinti da una ricerca sapienzale e seguendo le tracce di una stella. Per credenti e non credenti la stella non è forse il segno-simbolo di un senso della vita capace, nella ricerca e nel viaggio di andare oltre le apparenze, oltre il consueto...?
(Antonio Miredi)
Un esempio tipico di Presepe allestito in una casa privata, con la ricchezza e la cura dei suoi particolari, è quello della famiglia Nicola Bratta di Valenzano, paese vicino a Bari.
Particolare del Presepe Bratta
Il Presepe di Nick Bratta nella sua centralità
Come Il Vangelo di Matteo racconta l'evento dell'Epifania:
« Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella (ἀστέρα astera), e siamo venuti per adorarlo". All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:“E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.”
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro , incenso e mirra . Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo". Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e suamadre nella notte e fuggì in Egitto »
(Matteo, II, 1-14)
Ed ecco come la Rete ci offre esempi di vitalità della tradizione dell' Epifania e dei Re Magi grazie alla risorsa i YouTube:
Caricato da fmaber in data 29/dic/2007
Caricato da patuono in data 22/gen/2008
"Io di risposte non ne ho
mai avute mai ne avrò
di domande ne ho quante ne vuoie tu
neanche tu mi fermerai
neanche tu ci riuscirai
io non sono
quel tipo di uomo e non lo sarò mai
Non so se la rotta è giusta o se
mi sono perduto ed è
troppo tardi
per tornare indietro così
meglio che io vada via
non pensarci, è colpa mia
questo mondo
non sarà mio
Non so
se è soltanto fantasia
o se è solo una follia
quella stella lontana laggiù
Però
io la seguo e anche se so
che non la raggiungerò
potrò dire
ci sono anch'io
Non è
stato facile perchè
nessun' altro a parte me
ha creduto
però ora so
che tu
vedi quel che vedo io
il tuo mondo è come il mio
e hai guardato
nell'uomo che sono e sarò
Ti potranno dire che
non può esistere
niente che non si tocca o si conta o si compra perchè
chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te
E so
che non è una fantasia
Non è stata una follia
quella stella
la vedi anche tu
perciò
io la seguo ed adesso so
che io la raggiungerò
perchè al mondo
ci sono anch'io
perchè al mondo
ci sono anch'io
mai avute mai ne avrò
di domande ne ho quante ne vuoie tu
neanche tu mi fermerai
neanche tu ci riuscirai
io non sono
quel tipo di uomo e non lo sarò mai
Non so se la rotta è giusta o se
mi sono perduto ed è
troppo tardi
per tornare indietro così
meglio che io vada via
non pensarci, è colpa mia
questo mondo
non sarà mio
Non so
se è soltanto fantasia
o se è solo una follia
quella stella lontana laggiù
Però
io la seguo e anche se so
che non la raggiungerò
potrò dire
ci sono anch'io
Non è
stato facile perchè
nessun' altro a parte me
ha creduto
però ora so
che tu
vedi quel che vedo io
il tuo mondo è come il mio
e hai guardato
nell'uomo che sono e sarò
Ti potranno dire che
non può esistere
niente che non si tocca o si conta o si compra perchè
chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te
E so
che non è una fantasia
Non è stata una follia
quella stella
la vedi anche tu
perciò
io la seguo ed adesso so
che io la raggiungerò
perchè al mondo
ci sono anch'io
perchè al mondo
ci sono anch'io
(Max Pezzali)
I Re Magi cantati dal Piccolo Coro dell'Antoniano nel 1993
Il sensibile cantante "menestrello" Anglo Branduardi canta Il Cantico di Francesco in un concerto live tenuto a Gallarate il 3 luglio 2007.