giovedì 21 aprile 2022
DONBASS, IL FILM DI LOZNITSA SATIRA GROTTESCA DI UNA TRAGEDIA COLLETTIVA UMANA
Fino a due mesi fa, la maggior parte degli italiani non aveva una idea precisa del nome DONBASS, l'area geografica del bacino del fiume Donec al confine orientale tra l'Ucraina e la Federazione Russa. Da quando l'orrore della guerra in corso fra i due Paesi, è entrato nelle nostre case, occupando tutti i telegiornali, i salotti televisivi, e le pagine dei media, si è preso finalmente coscienza di un conflitto iniziato nel 2014, ben otto anni fa, nel silenzio e nell'indifferenza quasi generale. Anzi, Putin oggi considerato per quello che da tempo non ha fatto mistero di essere, un despota con un sogno imperiale, già ex agente segreto della vecchia Unione Sovietica, al potere da più di vent'anni in uno Stato senza vera libertà di stampa e tutela dei diritti civili, con giornalisti e oppositori avvelenati, imprigionati, e uccisi , aveva nel nostro Paese fino quasi l'altro ieri, politici di primo piano estimatori anche pronti a rivendicare, con maglietta e foto, un sodalizio ideologico e culturale.
Questo per spiegare il perché il film Donbas di Sergei Loznitsa del 2018 sia apparso in alcune nostre sale solo ora, dopo quattro anni.
A scanso di equivoci, il lavoro cinematografico di Loznitsa non è un reportage o un docufilm che possa aiutare a capire meglio le ragioni storiche, etniche, culturali e politiche di una guerra scoppiata in Europa.
DONBASS è un film, cioè una fiction, con produzione occidentale che vede coinvolti Paesi, a cominciare dalla stessa Ucraina, come la Germania e la Francia.
Uno sguardo dalla parte occidentale sui territori in cui militari separatisti filorussi con pieno appoggio della Russia di Putin, dal 2014 hanno proclamato Repubbliche indipendenti non riconosciute politicamente da quasi tutti gli Stati.
Per paradosso di metafora, pur essendo un film, il messaggio che DONBASS veicola si rivela tuttavia più efficace di uno stesso documentario realizzato tenendo presente solo una parte di realtà.
La struttura circolare del film inizia e finisce con una roulotte che serve per il trucco di comparse pronte per essere usate dalla propaganda e snoda altri segmenti di episodi, tutti in vari modi, surreali, grossolani, grotteschi,
Follie criminali in cui non c'è spazio alla umana pietà, dentro una società dominata dalla violenza, dalla corruzione, dalla sopraffazione volgare. Non si parla ma si urla, non si comunica ma si finge.
Fino a coprire la tragedia della realtà con uno sorta di comico cabaret, verso la fine quando si festeggia un matrimonio benedetto dalla neonata Nuova Russia!
La metafora feroce del film è nel suo poter superare i confini contingenti di una Regione, di uno Stato, per denunciare la tremenda crisi di una intera umanità, votata alla autodistruzione, con lo spettro delle armi nucleari, pronta a mascherare ogni potere, individuale e collettivo, con le forme funeste di un fanatismo nazionalistico e ideologico.
Ad uscirne a pezzi non è solo una area geopolitica ma la stessa idea di civiltà, che riguarda ogni Stato, nessuno escluso.
---------------------------------------------------------------------------------------------............................Antonio Miredi
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